4.10.09

Nam June Paik

Nam June Paik è stato uno dei primi artisti a riconoscere le potenzialità dei media elettronici e della loro influenza sulla cultura e sull’economia.
La sua è una figura di fondamentale importanza sia per la tendenza ad operare nel territorio artistico in maniera multiforme e complessa, sia per il suo incredibile apporto alla nascita di una disciplina che ha segnato l’evoluzione espressiva degli ultimi trent’anni: la “video arte”.
Nato a Seul nel 1932, Paik studia storia dell’arte e composizione musicale all’Università di Tokyo, riunendo in sé tutte le caratteristiche e le competenze di un artista contemporaneo. Prosegue la sua formazione in Germania, dove entra in contatto con artisti e musicisti d’avanguardia, come John Cage, Karlheinz Stockausen e Joseph Beyus, diventando uno degli esponenti di spicco di Fluxus, il movimento neodadaista transnazionale, dal carattere multimediale e interdisciplinare, animato da uno spirito provocatorio e dissacrante, promotore di una processualità artistica fluida, al confine tra integrazione e disgregazione, impegnato a togliere importanza all’oggetto artistico per darla invece alle situazioni, allo spettacolo, ossia volta alla realizzazione di eventi, performance, happening più che di oggetti.
Paik studia il disturbo e impara a provocarlo distorcendo l’immagine elettronica: le sue prime elaborazioni sono infatti televisori con immagini modificate.
E’ in questo contesto che nel 1963 Paik presenta alla Galerie Parnass di Wuppertal Exposition of Music-Electronic Television, un evento Fluxus passato alla storia come la data d’inizio della videoarte: un percorso espositivo che comprende oggetti apparentemente scollegati tra loro e una serie di televisori, il cui segnale è stato manomesso in vari modi (es. utilizzo di magneti) alterando le immagini delle comuni trasmissioni televisive. Nella mostra di Paik, per la prima volta, oltre all’intento di decostruzione critica, viene adombrata la possibilità di piegare il mezzo televisivo a un uso artistico, investigandone le potenzialità come sorgente di immagini luminose in costante metamorfosi.
In seguito Paik sperimenta la ripresa e la rielaborazione di registrazioni con la telecamera.
Nel 1965 la Sony lancia sul mercato PortaPack, la prima telecamera amatoriale portatile.
Tale evento rende Paik libero di sperimentare una nuova sintesi di ripresa e ció gli permette di buttarsi a capofitto nella sperimentazione video per la costituzione di una nuova immagine grazie alla destrutturazione critica degli elementi stabili della comunicazione televisiva.
Ne è un esempio New York: Cafè Gogò, 152, Baker Street, October 4 and 11, 1965 in cui Paik sperimenta la ripresa in esterni e realizza la prima trasmissione gestita da un artista, confrontandosi per primo con la “diretta”: si concentra su un momento del caotico traffico newyorkese il giorno della visita di Papa Paolo VI e lo ripropone la sera stessa in un ritrovo del Greenwich Village, il Caffè Gogò, praticamente in diretta, opera sancita da molti come il primo video d’arte della storia.
Paik è stato il primo di una serie di artisti che hanno fatto del reportage amatoriale un vero e proprio evento artistico.
Nel 1970, in collaborazione con l’ingegnere giapponese Ahuya Abe, Paik realizza uno dei primi videosintetizzatori a colori, l’Abe-Paik Synthetizer, che consente di generare e/o modificare istantaneamente - agendo sulle componenti elettroniche - qualsiasi forma, colore e suono e di mixarli insieme (ne è un esempio Global Groovedel 1973).
Suo è il primo esperimento di televisione affidata ad artisti via satellite che trasmette programmi d’arte contemporaneamente in Corea, Giappone, Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, rendendo così evidente l’intento di fondere e scambiare in diretta numerose lingue ed altrettante culture artistiche e sociali profondamente diverse e distanti tra loro, per dimostrare che la televisione può contribuire a raggiungere il potere di integrazione e di comprensione tra i popoli.
Instancabile sperimentatore, Paik ha investigato il territorio delle arti elettroniche nelle sue molteplici forme con uno stile inconfondibile, che deve molto alla sua formazione musicale e a una mescolanza di influssi provenienti dall’incontro tra cultura orientale e occidentale: “Penso di comprendere il tempo meglio degli artisti del video che provengono dalla pittura e dalla scultura. La musica è manipolazione del tempo… Come i pittori comprendono lo spazio astratto, così io comprendo il tempo astratto”, ha dichiarato Paik.

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