4.10.09

Keith Sonnier

Keith Sonnier è nato a Momou in Luisiana nel 1941, attualmente vive e lavora a New York dove si è stabilito nel 1966 dopo aver vissuto molti anni a Parigi. Esponente della corrente minimalista, fin dagli anni ’60 la sua arte si è distinta per l’uso di materiali poveri quali vetroresina, lattice, fili di ferro, cavi elettrici, luci al neon, che fino ad allora non avevano trovato un grande utilizzo nella pratica artistica, distinguendosi, tra l’altro agli inizi degli anni ’70 come pioniere della video-arte, che Sonnier ha valorizzato e reso originale grazie ad un sapiente uso delle luci, dei colori e dei giochi cromatici ottenuti sfruttando raggi riflessi su fogli di acetato, avvalendosi in ciò anche della precedente esperienza maturata durante la realizzazione di opere scultoree non convenzionali. A differenza di altri artisti Sonnier si avvicina al video come ad un laboratorio in cui la televisione vive a contatto con l’arte. Un senso di improvvisazione caratterizza la sua ricerca del linguaggio visivo che si presenta come un collage di immagini e di suoni, stabilendo un binomio sinergico tra arte e tecnologia. Sonnier è diventato internazionalmente celebre come autore di installazioni in spazi pubblici che utilizzano luce al neon colorata e come già avvenuto nel rapporto tra arte e tecnologia, riesce a stabilire un connubio artisticamente innovativo e funzionale tra arte e architettura. Lo stesso artista ha dichiarato che la produzione di installazioni di grandi dimensioni tra le quali spiccano il Lichweg, un chilometro di luce che collega i terminali dell’aeroporto di Monaco di Baviera, l’eliporto dell’aeroporto di Miami, la station Joffre-Mutualaité di Rouen, ha indotto profondi cambiamenti nel suo processo di lavoro richiedendogli un considerevole periodo di preproduzione a livello concettuale data l’impossibilità di vedere l’intera opera in un unico momento o spazio, preproduzione durante la quale elabora gli elementi percettivi in modo da raggiungere effetti visivi non ottenibili in spazi fisici ristretti quali sono musei e gallerie. Il modo migliore per descrivere la poetica di Keith Sonnier con particolare riferimento alle opere di installazione legate all’architettura è forse quello di ricorrere alle parole dell’artista dalle quali emerge come la concezione dell’arte minimalista assuma in lui una valenza assolutamente originale e come, pur nella novità, sia legata a valori formali tradizionali quale l’unità dell’opera d’arte. Infatti afferma “... la luce per me è sempre stata una maniera per creare volume- quasi uno spazio dentro uno spazio- ed è decisamente interessante applicare il ‘volume’ della luce dentro uno spazio architettonico esistente. In maniera simile, il colore può esistere come volume; in effetti sono attratto dal neon perché questo è, letteralmente , un gas intrappolato, un colore reale non applicato ad una superficie nel senso di dipinto, ma un colore che bagna o riempie in maniera naturale l’ambiente a lui immediatamente vicino ...".

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