28.6.11

Kimsooja


L’artista coreana Kimsooja è nata nel 1957 a Taegu, nella Corea del Sud, dopo gli studi di pittura a Seoul e a Parigi, nel 1998 Kimsooja si è trasferita a New York, dove vive e lavora. Le sue opere sono esposte in molti musei internazionali e ha partecipato a diverse biennali, tra cui quelle di San Paolo, Sydney (1998), Venezia (1999-2001), Lione, Taipei, Kwangju (2000), Whitney, Liverpool (2002), Valencia (2003), Lodz (2004).

Le sue opere, estremamente poetiche e al tempo stesso contemplative, attingono al background culturale della terra d’origine dell’artista e il tema centrale di molte di esse verte sul ruolo dell’essere umano nel mondo globalizzato. Dagli anni ottanta il cucito, attività appresa al fianco della madre, è divenuto l’elemento essenziale del lavoro dell’artista consentendole di passare dalla superficie bidimensionale della pittura alla tridimensionalità degli oggetti. Negli anni '80, alle sue prime esperienze artistiche, Kimsooja ritagliava e cuciva i vestiti della nonna morta. Un'attività intima, meditativa, legata alla memoria familiare. Oggi, ha aperto i suoi orizzonti e usa come base dei suoi lavori i copriletto tradizionali della società coreana, che accompagnano i suoi connazionali dall'inizio alla fine della loro esistenza: quando nascono, quando muoiono, quando fanno l'amore o sognano, e perfino quando sono costretti a migrare e lasciare le proprie terre. Di questi e altri tessuti sono composti, infatti, i "Bottari".
I Bottari, sono fagotti di tessuto realizzati a partire dal 1992 con coperte e vestiti usati, costituiscono ormai un elemento tipico del lavoro dell’artista. Presentati anche alla Biennale di Venezia del 1999, ammassati su un camion con il quale l’artista aveva ripercorso per 11 giorni itinerari a lei famigliari della Corea, questi fagotti di tessuto fanno riferimento alla tradizione coreana ma sono al tempo stesso una metafora universale di spostamento.
Nella grande installazione A Laundry Woman (Lavandaia), 2000 vediamo tessuti tradizionali coreani grandi e coloratissimi, fitti di ricami dai motivi simbolici, fissati su sottili fili metallici. Il visitatore è invitato ad aggirarsi fra i tessuti, che ondeggiano lievemente al passaggio, e a sperimentarne, da vicino e tangibilmente, la bellezza, la delicatezza e la grande energia cromatica. Percepiti nell’installazione dell’artista soprattutto come elementi estetici e simbolici.
Nella video installazione A Needle Woman (Donna-ago), 1999-2001 è l’artista stessa ad “agire” come la punta di un ago. Kimsooja rimane immobile in mezzo alla folla dei passanti di metropoli come Shanghai, Tokio, New York o New Delhi, costringendo di conseguenza le fiumane di gente ad aggirarla e a deviare. l’artista si presenta di spalle e il visitatore può vedere i volti e le diverse reazioni delle persone che la evitano.
Kimsoja è un’artista che mendica anche, come nei video di A Beggar Woman (Donna mendicante 2000 - 2001) oppure contempla paesaggi e fiumi con la sola ambizione di diventare "un individuo senza il bisogno d’essere niente di speciale, ma libero dalle follie e dai desideri umani". Il bagno nel fiume umano di Kimsooja ricorda l’illuminazione del Siddharta di Hermann Hesse, un cammino di liberazione, "per andare oltre se stessi", verso una realtà che sfugge. Come spiega l'artista stessa: "mi sono messa nelle posizioni più basse (fino al mendicante) in cui l'uomo può trovarsi per capire meglio la sofferenza. Ho cercato di essere un barometro delle condizioni dell'umanità. Sono diventata un medium, per mostrare i drammi esistenti nella società. Ho cercato di incontrare ogni singola persona del mondo, di abbracciarla.
Mandala (2002), uno sfavillante jukebox scovato in Brooklyn e abbinato dall’artista a preghiere tibetane. Questo "ready made" mostra singolari punti in comune con la narrazione visiva buddista dell’inizio e della fine dell’universo. Parola sanscrita, "mandala" significa letteralmente "ciò che tiene assieme", e rappresenta il senso di tutta l’opera di Kimsooja, fondata in buona parte sul recupero estetico e concettuale del "cucito".
Le attività dell’artista coreana, viaggi ed esposizioni, possono essere interpretate come una costante tessitura di nuove relazioni. Kimsooja: “È la punta dell’ago a penetrare il tessuto, e noi possiamo unire due diversi lembi di stoffa con il filo che passa per la cruna dell’ago. L’ago è un’estensione del corpo, il filo è un’estensione della mente. Nel tessuto rimangono sempre le tracce della mente, invece l’ago abbandona il campo non appena terminata la sua mediazione. L’ago è medium, mistero, realtà, ermafrodita, barometro, un momento, e uno Zen.”

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