13.6.11

Santiago Sierra


L’artista di fama mondiale è conosciuto per le sue opere provocatorie realizzate dentro e fuori gli spazi dedicati all’arte. La sua produzione non è basata su un unica tecnica ma spazia tra la scultura minimalista, la fotografia concettuale, la perfomance e la body art mettendo costantemente in discussione i limiti e le imposizioni della società contemporanea rivelandone le sue contraddizioni. Affronta tematiche sociali quali la prostituzione, l'immigrazione, la povertà, il razzismo, la violenza e la guerra. Per le sue performance l’artista seleziona persone provenienti dagli ambienti marginali, le quali per necessità accettano le condizioni che stabilisce l’artista in cambio in un compenso. L’accettazione di questi emarginati a fare da materiale scultoreo dimostra come il lavoratore sia costretto a farsi manovrare all’interno del sistema capitalista, vendendo il suo tempo e il suo corpo. Per “A Person Paid for 360 Continuous Working Hours” (2000 New York), Sierra fece innalzare una parete diagonale di mattoni che suddividesse una delle sale della galleria in due spazi: uno destinato alla segregazione totale (tranne l’apertura per la consegna del cibo) di un operaio il quale aveva accettato di lavorare per 360 ore continue per un compenso pari a dieci dollari ad ora; l’altra metà dello spazio era, invece, adibita al pubblico, per l’osservazione di questa azione di strumentalizzazione del corpo e di vendita del proprio tempo privato. Sempre nel 2000 a Berlino, sei profughi provenienti dalla Cecenia hanno accettato di collocarsi entro altrettante scatole di cartone quattro ore al giorno e per la durata di sei settimane, riscuotendo il salario clandestinamente, a causa del loro status di esiliati politici. Nello stesso anno pagò quattro prostitute dipendenti da eroina con una dose di droga per farsi tatuare sulla schiena una linea orizzontale nera, complessivamente lunga 160 cm. Alla 49° Biennale di Venezia (2001) Santiago Sierra, constatando che nella città di Venezia c’è un grande numero di venditori ambulanti illegali, ha assunto 133 immigrati a condizione che i loro capelli fossero scuri di natura, e che accettassero di farseli dipingere di biondo, riscuotendo la somma di 120.000 lire. L’opera pertanto ha preso il titolo di “133 Persons Paid to Have their Hair Dyed Blond”. Nel 2002 al Kunsthalle di Vienna furono contrattati 30 lavoratori in base al colore della loro pelle, per fare una scala tonale. Queste persone furono disposte con la faccia alla parete vestiti solo con gli indumenti intimi. Per il suo contributo alla 50° Biennale di Venezia (2003) Sierra interviene su quello che dovrebbe essere il “contenitore” del suo lavoro rendendolo esso stesso come materiale di partenza per le sue opere: blinda il padiglione spagnolo con una cortina di mattoni e ne vieta l’accesso a tutti i visitatori non spagnoli. Molti visitatori non spagnoli, bloccati dalle guardie all’ingresso hanno tentato di entrare con vari stratagemmi. L’artista ha evidenziato cosi le ambivalenze tra la curiosità di vedere l'interno, l'insofferenza per il divieto da parte del visitatore e, al tempo stesso, il capovolgimento intenzionale del lavoro che è quello di escludere invece che accogliere il visitatore. L’artista Santiago Sierra, ha proposto tra ottobre 2005 e il gennaio 2006 presso la Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento il suo primo progetto specifico per uno spazio pubblico italiano, “Una persona”. Una sola persona per volta viene fatta entrare nella galleria vuota, percorre circa 600 metri, solo per accorgersi che non c’è via d’uscita ed è quindi costretta a ripercorrere all’indietro la strada. L’artista approda a Napoli nel 2008, visita Ponticelli, studia il contesto e cerca di carpirne le profonde motivazioni. Dopo l’incendio dei campi rom, si reca sul posto ed entra in contatto con le ultime due famiglie rom rimaste, prima dello sgombero definitivo. I risultati di questo lavoro sono diciotto fotografie in bianco e nero di vario formato, dei denti digrignati degli ultimi rom disseminati in tutta la città e all’interno del museo Madre. Presente all’interno del museo, anche un video del rogo del campo. Nel 2009 Sierra realizza una scultura che ha la forma della parola "NO", una negazione che può viaggiare in tutto il mondo e divenire il protagonista monumentale di un film. Dopo una mostra durata due mesi, il NO partì da Lucca verso Berlino. Il viaggio è stato documentato ed è stato presentato in anteprima mondiale nel febbraio di quest'anno al Festival Internazionale del Cinema di Berlino.Santiago Sierra è stato il prima artista a rifiutare il Premio Nazionale delle Arti 2010, del Ministero della Cultura, che ogni anno assegna 30.000 euro ogni anno all’artista selezionato. La notizia sollevo molte polemiche e fu l’ennesimo atto di ribellione di Sierra contro la commercializzazione dell’arte.

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