16.10.09

Xavier Cahen

Nacque nel 1962, studiò all' "Ecole nationale Superior des Beaux" di Parigi. Durante questo periodo produsse diversi lavori monumentali e ottenne numerosi premi. dopo la laurea, desiderava viaggiare, e decise, con l'aiuto di una borsa di studio americana, di andare a vivere negli Stati Uniti. Frequentò dei corsi post laurea all'Hunter College (New York)
E' in questo contesto che il suo lavoro si nutre e si personalizza in se stesso e si indirizza verso l'utilizzo delle installazioni multimediali, di natura scenografica e sociale. 
Wild Exhibition è una mostra di immagini concentrate sugli strumenti tematici, ispirati da un'antica definizione dell Encyclopedia Universalis.
In pratica questa mostra è stata allestita per le strade di Parigi, ed è costituita per lo piu da immagini e cartelli, infatti il princio della Wild Ex. è quello di essere una mostra senza alcuna limitazione, senza alcuna localizzazione, (centinaia di localizzazioni), ma anche senza alcun supporto o senza multisupporto.

Jordi Colomer

Jordi Colomer, nato nel 1962 a Barcellona, ha viaggiato tra le varie discipline artistiche.
Ha studiato storia dell'arte ed architettura e si è occupato del principio di comunicazione tra scultura, architettura, spettacolo, fotografia e teatro. Nel 1994 - 95, ha svolto uno studio esauriente del cinema tedesco tra le due guerre mondiali, scoprendo i lavori cinematografici di Munich Karl Valentin, che l'ha incoraggiato all'utilizzo del video e successivamente ha influenzato gran parte del suo lavoro. Anche la sua mostra piu recente si dedica all' interdipendenza tra le discipline e del filo sottilissimo che divide/lega la realtà dalla finzione.
Fino a gennaio 2009 il suo progetto En la Pampa è in mostra a Jeu de Paume a Parigi sulla quale è stato scritto anke un libro.
En la Pampa: "Possiamo vivere nel deserto? possiamo abitare nello spazio con la finzione? Questo è l'esercizio che ho proposto per il progetto En la Pampa. Ha invitato un uomo ed una donna che non si conoscevano e che non erano degli attori a vivere certe situazioni nel deserto di Atacama, nel nord del Chile. Il deserto è diventato un ampio palcoscenico con piu set. La risorsa principale di Maria e Matteo (i protagonisti) era riuscire a dimenticare la telecamera e improvvisare dei dialoghi secondo l'azione, per esempio, lavare una macchina vicino un cimitero abbandonato.

7.10.09

Wolf Vostell

Wolf Vostell nasce a Leverkusen nel 1932 da una famiglia di origine ebrea. Nel 1954 avviene la prima rivelazione fondamentale nelle sue scelte artistiche: nel suo primo viaggio a Parigi, leggendo una notizia su Le Figaro, egli scopre il termine decoll/age, che oltre a significare decollo vuol dire anche separazione, distacco, morte. Vostell si esprime fra assemblaggi di dipinti, frammenti di giornali, foto incollate e cancellate da sovrapposizioni pittoriche, inserimenti di televisori o macchine fotografiche, emblemi della civiltà tecnologica che squarciano le opere come lacerata e frammentata e' la realtà di cui ci parlano. Comincia anche l'uso del cemento che ingloba gli oggetti, simbolo della distruzione che risucchia tutto nel grigio anonimo e amorfo della sua pesantezza. Vostell elabora già alla fine degli anni Cinquanta opere nelle quali appare il mezzo televisivo. Per Vostell il televisore diventa il ready-made per eccellenza già dalla fine degli anni Cinquanta. Nel 1958 Vostell aveva realizzato una ricostruzione "privata", la Schwarzes Zimmer la "camera nera" della memoria tedesca, creando un'analogia tra nazismo ed informazione televisiva. Nello stesso anno, in un lavoro intitolato Transmigracion, l'artista inserisce il primo televisore presente in un'opera d'arte: dietro un taglio orizzontale, una televisione trasmette un cattivo segnale dal canale UHF; da allora, schermi televisivi sintonizzati su programmi locali, iniziano ad essere collocati da Vostell nelle "ferite" di quadri e di blocchi materici per trasmettere senza sosta il flusso quotidiano delle informazioni. In un'epoca in cui quasi nessuno ipotizzava l'uso critico di uno strumento come la televisione Vostell critica e classifica come pericoloso ciò che era ritenuto comunemente simbolo del benessere e dell'avanzamento sociale. Nel 1958 Vostell dà vita ai TV dé-collage e c’è chi con questa data vede la nascita della videoarte. Nei primi anni Sessanta, insieme ad altri personaggi come Giuseppe Chiari, Vostell fa parte della costellazione Fluxus e diverrà un protagonista di spicco. Si inserisce così in un’orbita internazionale. Nel 1963 Vostell espone per la prima volta Television dè-coll/age presso la galleria Parnass di New York. Significativo è il video girato in 16mm. Sun in Your Head, della durata di 7 minuti, le immagini sono riprese da comuni programmi della televisione tedesca alterati elettronicamente con varie tecniche, ad esempio attraverso l'uso di calamite. Il primo video realizzato da Vostell allude, già nel Sessantatre, con il contrasto tra l'oggetto-televisore statico e il flusso delle sequenze di immagini in dé-coll/age, al bombardamento incessante delle informazioni attraverso i media. La tecnica della sovrapposizione di immagini estrapolate da trasmissione televisive ritorna in successivi video dell'artista ma è accantonata in TV Cubisme del 1985, prodotto dalla RTBF di Liegi per la trasmissione Vidéographie di Jean-Paul Tréfos: figure femminili truccate pesantemente si aggrovigliano, accarezzano blocchi di cemento in un gioco di sovrimpressioni; la telecamera segue le teste in movimento delle modelle sedute su sedie girevoli mentre i corpi continuano a ruotare, a torcersi in un vortice accompagnato da un ritmo sonoro di voci, soffi, gemiti e respiri cadenzati. Il soggetto del video, il confronto fra materia animata e quella inanimata, diventa il tema più in voga. A New York, nel 1963, Vostell aveva presentato alla Smolin Gallery l'opera 6 TV-dé-coll/agen, la prima "videoinstallazione" esposta negli Stati Uniti, nella quale sei televisori presentavano diverse forme di anomalie, anche con immagini estrapolate da comuni trasmissioni televisive, smontate, ricomposte e alterate da disturbi e interferenze. La distorsione elettronica trasformava le immagini in sequenze nuove e astratte secondo un processo di "destrutturazione" (o dé-coll/age) del flusso elettromagnetico. Dopo il '70 gran parte della sua produzione si concentra su quadri-oggetto, su pittura e disegno, le sue opere riprendono la seconda guerra mondiale e la guerra fredda in cui la morte, il caos, la disperazione, la speranza sono i temi predominanti. Nel 1989, in occasione della caduta del muro di Berlino, realizza il trittico 9, che viene esposto a Berlino Est, e The fall of the Berlin Wall. In queste opere egli impone una profonda riflessione, affrontando il tema del muro come metafora della paura e delle chiusure politiche ed economiche che bloccano l'Uomo nella sua aspirazione alla libertà. Instancabile testimone ed osservatore della realtà, Vostell si interessa agli altri disastri che continuano ad affliggere il mondo: la Guerra del Golfo e la guerra in Bosnia. Muore a Berlino nel 1998

Vito Acconci

Vito Hannibal Acconci è nato a New York il 24 gennaio 1940. Suo padre era un immigrante italiano che lo portò a visitare musei e gli diede una prima istruzione sulle Arti. Riceve un B.A. in letteratura dall'Università di Santa Croce nel 1962 ed un M.F.A. in letteratura e poesia dall'Università di Iowa. Vito Acconci comincia la sua carriera come poeta e alla fine degli anni '60 si trasforma in un Videoartista che usa il suo corpo come soggetto per foto, film e video. I suoi lavori vengono influenzati pesantemente dal situazionismo.
Le sue performance sono incentrate sull'uso del corpo come mezzo espressivo.
Vito Acconci inizia la carriera artistica nella poesia e il linguaggio rimane una connotazione importante del suo campo di sperimentazione, lo sfondo sul quale sviluppa il lavoro d'artista visivo, videomaker, body artist, progettista d'architettura e d'arte pubblica.
Nel 1960 inizia con la prosa e la poesia, nel 1968 inizia con le arti visuali ed esegue performance di body-Art. Nel 1974 inizia a lavorare come architetto.
Da sempre attivo a New York, ha creato l'Acconci Studio, un think-tank d'arte e architettura dove lavora assieme a un gruppo di giovani progettisti con i quali sta realizzando opere d'arte pubblica e luoghi unici come la galleria e centro culturale Storefront a Manhattan, il parco trasportabile Park up Building installato sulla parete esterna del Centro Gallego de Arte Contemporaneo di Alvaro Siza a Santiago de Compostela, l'Isola sul fiume Mur a Graz o il nuovo Design Store del Museum für Angewandte Kunst di Vienna.
Ha insegnato in molte Scuole d'Arte, tra le quali Nova Scotia College of Art and Design, Halifax, California Institute of the Arts, Valencia, Cooper Union, School of the Art Institute of Chicago, Yale University, the Parsons School of Design. Vito Acconci lavora a Brooklyn e New York.

Steina e Woody Vasulka

Woody, cecoslovacco, ha studiato all’Accademia delle Arti dello Spettacolo a Praga dedicandosi al cinema, la moglie Steina, islandese, è violinista. Nel 1965 dalla Cecoslovacchia si trasferiscono a New York dove vi approdano negli stessi anni di Paik e lì, al Greenwich Villane, scoprono le possibilità estetiche del video con l’intensità di chi si è trovato improvvisamente di fronte "al fuoco degli dèi". Dal 1969 gravitano quasi esclusivamente nell’area della sperimentazione video, con una fitta attività di insegnamento in alcune università americane e con la fondazione e l’animazione del laboratorio The Kitchen (1971), uno spazio aperto alle ricerche video. Accusati sino alla metà degli anni settanta di trascurare gli aspetti sociali del nuovo medium, i Vasulka concentrano la loro ininterrotta ricerca sui processi di elaborazione di immagini e suoni con i media elettronici e informatici e apparecchi tecnici sofisticati. Le loro opere, spesso in collaborazione, riflettono l’esigenza di un controllo del rapporto arte e tecnologia, e sono accompagnate dall’invenzione di nuovi dispositivi e strumenti per la messa in pratica della loro poetica (dal sistema MIDI alle "machine vision" agli "ibridi autonomi" alle "tavole interattive"). Essi hanno studiato la luce elettronica e il tempo dell’istante, il "punto di vista delle macchine" e l’importanza espressiva del "feedback" elettronico; e tra il 1972 e il 1976 hanno ideato la tecnica del "morphing". Ma la loro più affascinante intuizione è stata – intorno al 1970 – quella di rendere esteticamente produttivo il fatto che in elettronica una stessa frequenza elettromagnetica, se commutata in un modo origina un suono, se commutata in un altro origina un’immagine, e se adeguatamente distorta rende visibile la linea di confine che i nostri sensi percepiscono tra suono e immagine, costituendo insieme audio-visivi per la prima volta nella storia del cinema effettivamente unitari. Il contributo che essi hanno dato alla videoarte è notevole. Hanno appunto costruito nuovi modelli di comunicazione video con un’esplorazione sottile del rapporto spazio-tempo che il segnale elettronico stabilisce. Per ottenere questi risultati hanno potuto valersi di quella cultura metaindustriale che caratterizza la ricerca avanzata negli Stati Uniti. "Ho scoperto che negli Stati Uniti esiste una cultura industriale alternativa, che s'affida alla genialità individuale, quasi come nell'arte. Gli inventori-programmatori in elettronica hanno saputo difendere la loro indipendenza all'interno del sistema. Divenuti artisti a pieno titolo, essi utilizzano gli utensili elettronici che hanno creato. Woody Vasulka". In collaborazione con alcuni ingegneri informatici realizzano nel 1972-73 il Digital Video Effecter e nel 1976, con Jeffrey Scheir, il Digital Image Articulator o Imager, uno strumento videodigitale di elaborazione delle immagini in tempo reale capace di un molteplicità di differenti processi, tra simultaneità, sequenza, passaggi e spostamenti. Lavori emblematici di questo tipo di ricerche sulla metamorfosi videonumerica sono diverse serie di immagini, quali le trasformazioni sinusoiidali di Hybrid Hand Studies di Woody Vasulka (1973), risultato di un sistema che ibrida analogico e digitale, e la serie di affascinanti elaborazioni di Organizational Models of the Electronic Image (1975-76). La maggior parte delle elaborazioni scoperte da questi tecnoartisti sono diventate parte integrante della base effettistica di qualsiasi buon mixer video professionale, e si ritrovano nei più sofisticati sistemi di montaggio digitali. I Vasulka hanno partecipato a numerose mostre, anche personali, e rassegne: di particolare importanza la partecipazione a Ars Electronica a Linz nel 1992. Dal 1980 vivono e lavorano a Santa Fe.

Fonte: Wikiartpedia.org

Vanessa Beecroft

Vanessa Beecroft è nata a Genova il 25 aprile 1969. Attualmente vive a New York. È considerata una delle artiste più innovative e accreditate nel panorama contemporaneo internazionale. Di madre italiana e padre inglese, ha trascorso parte della sua infanzia a Malcesine (sul lago di Garda).Tornata a Genova, dopo aver frequentato il Liceo Artistico del capoluogo ligure ed essersi diplomata all'Accademia Linguistica di Belle Arti, segue i corsi di spettacolo dell'Associazione "La Chiave" di Campopisano diretta da Mimmo Chianese; si iscrive alla facoltà di architettura, per poi trasferirsi all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove si diploma nel 1993. Attualmente vive a lavora a New York, che l'artista stessa definisce «il primo paese in cui mi sono sentita a casa». La scelta espressiva della Beecroft matura fin da giovanissima è stata quella di pensare e realizzare performance, utilizzando il corpo di giovani donne più o meno nude, questo straordinario materiale umano viene mosso secondo precise coreografie come su una scacchiera invisibile, con opportuni commenti musicali o con lo studiato variare delle luci. Ciascuna delle partecipanti deve attenersi con scrupolo a una serie di precise e inderogabili norme che l'artista impone prima di ciascuna azione, per comporre dei veri e propri "quadri viventi", esposte in gallerie e musei di arte contemporanea. L'artista pone al centro della propria riflessione i temi dello sguardo, del desiderio e del volubile mondo della moda. Private di ogni possibilità di dialogo o di relazione, esse appaiono congelate al di là di un'invisibile barriera. Al tempo stesso il loro mutismo e il loro totale isolamento producono lo strano effetto di far rimbalzare lo sguardo di chi guarda su sé stesso, trovandosi in una situazione di disagio.La sua prima performance è stata tenuta presso la galleria di Luciano Inga Pin di Milano. Segnalata da Giacinto Di Pietrantonio, ha tenuto la sua prima mostra personale nel 1994 presso la Galleria Fac-Simile a Milano dove esponeva il suo compagno Miltos Manetas. Nella sua ricerca artistica, la Beecroft affianca la videoperfomance a fotografie di grande formato, fondendo la fluidità del video alla rassicurante staticità temporale dell’immagine fotografica. Il risultato è un susseguirsi di quadri viventi vivississimi nei particolari, pieni di pathos simbolico, misticismo e suggestioni visionarie. La Beecroft rivela il suo solido talento fin dagli esordi, con il suo primo lavoro: un "diario performato”, intitolato Libro del cibo, basato sull’elenco di ogni cibo ingerito dall’artista in otto anni (dal 1985 al 1993), a testimonianza di una lotta personale contro la bulimia. All’inaugurazione della mostra invita trenta studentesse, con caratteristiche fisiche molto simili tra loro, e le invita ad indossare abiti ed indumenti intimi del suo guardaroba personale. Da allora, la presenza di corpi nudi di giovani donne, che l’artista enfatizza e carica di valenze simboliche, diventa il fil rouge che attraversa la sua produzione artistica. Il corpo smette di essere corpo e diventa uno strumento per indagare tematiche forti come le malattie umane, gli stereotipi del sistema della moda, il fascino oscuro della guerra, il desiderio, la religione, i cicli vitali della donna e la forza primordiale che si annida nella sua natura. In una delle sue recenti videperformance, realizzata al Tepidarium del Giardino dell’Orticultura di Firenze, l’artista ha disposto 21 modelle, dalle chiome fluenti o quasi calve, su un cumulo di terra scura ed umida.

Ulrike Rosenbach

Ulrike Rosenbach è nata nel 1943 a Bad Salzdetfurth, Germania. Dal 1964 al 1970 ha studiato scultura presso l'Accademia di Belle Arti di Dusseldorf, ed è stata allieva dei professori Norbert Kircke e Joseph Beyus. Costituisce nel 1970, il gruppo di produttori ATV. Negli anni 1975-76 è ha seguito l'arte femminista e dei media presso il California Institte of Arts di Valencia. Di ritorno in Germania ha vissuto e lavorato come freelance artista a Colonia, dove ha fondato la scuola di femminismo creativo. Negli anni 1977 e 1987, ha partecipato alla Documenta di Kassel. Successivamente ha insegnato in numerose istituzioni universitarie europee, tra cui alla Hochschule der Kunste di Berlino, Colonia Fabbrica Scole, al Collegio di Arti Applicate di Vienna e all'Università di Utrecht.
A Rosenbach nel 1989 è stata affidata la cattedra per i New Media Art presso il College of Fine Arts Saar a Saarbrucken, ed è stata il Rettore per gli anni 1990-1993. Nel luglio 2007 ha lasciato l'università. Vive e lavora oggi come artista indipendente a Colonia, Bonn e Saar.
Rosenbach è stata uno dei primi artisti in Germania non solo ad usare i video a fini di documentazione, ma per sperimentare l'immagine elettronica. I Suoi video sono successi per la loro critica alla rappresentazione tradizionale della donna ed hanno contribuito a formulare una identità delle donne partendo da una prospettiva femminista.

Tony Oursler

Tony Oursler è nato nel 1957 a New York, dove attualmente vive. Oursler è noto per le sue opere multimediali, le sue installazioni e le sue opere di performing art. Membro di un gruppo rock, i Poetics, insieme ai colleghi Mike Kelley e John Miller, anch'essi artisti, durante la sua carriera ha collaborato con Constance DeJong, Tony Conrad e con Dan Graham e Sonic Youth. Le opere multimediali che l'hanno reso famoso sono video proiettati in tre dimensioni, spesso su superfici sferiche, che accentuano la carica espressiva del soggetto, un viso nell'atto di parlare, osservare o urlare. Combinando scultura, proiezioni multimediali e registrazioni della voce umana, Oursler ricerca l'interazione con il pubblico e l'animazione di concetti psicologici e filosofici all'interno di uno spazio quasi onirico: grande attenzione è data alla luce si veda ad esempio la sua installazione Streetlight del 1997 o Optics del 1999, che esaminava la polarità della luce attraverso una camera oscura. (foto: portrait © designboom)

Shigeko Kubota

Shigeko Kubota nasce a Niigata in Giappone, nel 1937. Studia scultura nel suo paese natale fin quando non si trasferisce a New York nel 1964. A New York conosce George Maciunas, il fondatore del movimento artistico Fluxus. Diviene ben presto una figura attiva ed influente del movimento, dove inoltre viene fortemente influenzata soprattutto dalle idee di Marcel Duchamp e John Cage, a cui dedicò il video Marcel Duchamp e John Cage (1972) e la video-scultura Duchampiana: Nude Descending a Staircase (1976). All'interno del movimento, poi, conosce colui che nel 1977 diventerà suo marito: Nam June Paik.
Kubota si è esibita nei maggiori musei d'arte moderna di New York e di gran parte del mondo anche in Italia, alla Biennale di Venezia del 1990. Una delle performances più significative e ricordate di Kubota, fu il suo Vagina Painting (1965), che presentò alla Perpetual Fluxus Festival, del New York Cinemateque.
I primi video di Kubota riflettono sulle relazioni tra Oriente ed Occidente attraverso costruzioni audiovisive che rimandano ad una forma di diario. La prima nella serie fu Europe on 1/2 inch a day (1972), una prospettiva molto personale dell'Europa negli anni '70.
Come gli altri video artisti degli anni '70, anche Kubota fu interessata alla manipolazione di immagini elettroniche sintetizzate, come per esempio in Video girls and video songs for Navajo sky (1973).
Nel 1972, insieme agli artisti Charlotte Moorman, Susanna Milano e Steina Vasulka, e altri, Kubota ha partecipato al primo video-festival femminile al Kitchen di New York.

Sam Renseiw

Sam Renseiw Artista facente parte della corrente dell'arte patafisica o Patalab.
Patafisica è l'assurdo concetto coniato dallo scrittore francese Alfred Jarry, è la filosofia dedicata allo studio di ciò che c'è oltre il regno della metafisica. Definita come la scienza delle soluzioni immaginarie, che simbolicamente attribuisce le proprietà degli oggetti, descritti dalle loro virtù e dai loro lineamenti.
Patalab esiste con questo spirito e con la funzione di piccolo, modesto laboratorio sperimentale di arte visiva.

Roland Baladi

Roland Baladi è nato a Heliopolis (Egitto) nel 1942.
Lavora dal 1960 nell' ambito della video arte. Le opere di Roland Baladi sono principalmente video e videoinstallazioni talvolta basate sulla computer grafica.
Dal 1987 è responsabile del dipartimento video al "Beaux-Art de Bourges" (Francia). Del 1999 è l'opera It goes without saying, del 2001 Qui se fache perd video di 16 minuti circa (28° episodio della storia d'amore tra Michael e Jello: Danzano al Bishop's Garden Kiosk come venti anni prima) e del 2002 A project in the air, del 2003 Sans objet... e La descente sans accross, del 2004 Sirius point of vue.

Robert Morris

Robert Morris nato nel 1931 a Kansas City (Missouri) è riconosciuto dalla critica come uno dei più importanti artisti della scena internazionale attuale.
Nella sua opera che, al pari dei suoi numerosi scritti, ha largamente contribuito alla definizione dell'arte minimale e concettuale, l'artista ha utilizzato tutti i mezzi espressivi che l'arte mette a disposizione: scultura, disegno, pittura, ma anche film, video, installazioni, performance, costruzioni ambientali (earthworks o land art).
Numerosi musei hanno ospitato mostre di sue opere, tra cui New York, Whitney Museum of American Art, 1970 - 1980 - 1986, e Washington, DC's Corcoran Gallery of Art Nel 1990.
Nel 1994, il Solomon R. Guggenheim Museum, New York, ha organizzato una grande retrospettiva sul lavoro dell'artista, che è stata presentata anche al Deichtorhallen di Amburgo ed al Musée National d'Art Moderne di Parigi. L'artista vive a New York City e Gardiner, New York. La riflessione di Robert Morris sul tema del labirinto – nell’accezione di dispositivo illusivo e d’inganno indirizzato ad un coinvolgimento attivo del fruitore – ha inizio con Passageway, un’opera che, nonostante non venga espressamente definita dedalo, ne assume le medesime caratteristiche strutturali e finalità disorientative.
Tale Environment viene concepito e presentato dall’artista nell’estate del 1961 all’interno di una serie di concerti e performance organizzati dal compositore La Monte Young nel loft di Yoko Ono a New York. Gli spettatori sono invitati ad attraversare – accompagnati dal suono registrato del ticchettio di un orologio e di battiti del cuore – un corridoio semicircolare, realizzato in legno compensato dipinto di grigio, lungo circa quindici metri.
Una volta varcata la porta d’ingresso dello studio, dalla quale ha inizio l’installazione in grande scala, gli invitati vengono introdotti e proiettati in uno spazio angusto e non rivelato; non viene offerta loro altra alternativa che quella di compiere un passaggio tra stretti muri che mano a mano si restringono fino a convergere ad angolo acuto in un punto morto.
Solo al raggiungimento del cul de sac gli spettatori comprendono, con stupore, che il corridoio nel quale si sono incamminati non ha la funzione di condurli da alcuna parte. Al di là di quel limitato spazio non li attende nessuna performance, nessun concerto da ascoltare: non rimane nient’altro da fare che tornare sui propri passi.
Il tema dell’intero evento risiede, dunque, esclusivamente nell’attraversamento fisico e psicologico del passaggio, nel tentativo to make palpable the body’s physical limits experienced as a reciprocal pressure between itself and the space around it.
L’esperienza vissuta tra i muri dell’installazione viene recepita dalla maggior parte del pubblico come frustrante e costrittiva; l’artista ricorda come alla fine di ogni giornata doveva ripulire i muri da tutta una serie di graffiti ed insulti. Tale “pressione” esercitata sui corpi degli spettatori e sulle loro aspettative richiama il medesimo desiderio di manipolare l’audience ed istigare all’aggressività proprio degli happenings organizzati a partire dal 1959 a New York.
Il primo sito realizzato nel 1998 a Lione prende dunque avvio da Untitled (Williams Mirrors), il quale intesse con le ulteriori opere esposte in tale occasione delle connessioni per assonanza o opposizione: Untitled (Portland Mirrors), Threadwaste (1968) e Mirror Film (1969) sono i tre lavori legati all’installazione di partenza da una concezione dello spazio in continua espansione data dalle mutevoli prospettive offerte dagli specchi.

Richard Kern

Richard Kern è nato a Roanoke Rapids, nel North Carolina, nel 1954; egli fa risalire la scoperta della sua vocazione trasgressiva all’incontro avvenuto quando aveva solo diciassette anni, con un gruppo di ragazze hippy newyorkesi. Le ragazze, vivaci e disinibite, gli raccontarono liberamente delle proprie esperienze sessuali, e lui si sentì proiettato in un mondo di cui aveva finora solo favoleggiato. Nel 1983 comprò una macchina superotto e cominciò a girare documentari sulla vita e le attività di quelle stesse persone che abitualmente frequentava; i suoi cortometraggi vennero spesso utilizzati come installazioni scenografiche sulle quali si esibivano gruppi musicali. Molti dei musicisti con cui collaborò in quel periodo, sarebbero stati, poi, gli autori delle musiche dei suoi film degli anni successivi. Protagonisti di quei film erano personaggi come Nick Zedd, Lydia Lunch, Lung Leg, Casandra Stark, i Sonic Youth, Tommy Turner, Audrey Rose e altri ancora. I film di Kern sono pieni di rimandi alla cultura “bassa” popolare, alternativa giovanilistica, rockeggiante, con rimandi all’estetica trash, al genere exploitation e alle produzioni porno visibili nei locali della 42° Strada. I suoi film sono concisi, essenziali, a volte durano solo cinque minuti o anche meno; in essi però si concentra una violenza grafica ed espressiva che giunge ai limiti del parossismo. Gli atti sessuali, rappresentati in maniera cruda, violenta, realistica, sono, il più delle volte solo una maniera attraverso cui Kern esplora i modi e le forme del potere. Una sessualità che va al di là dell’erotismo e della pornografia, oscena, ma solo nel significato etimologico del “mettere crudelmente in mostra”. Se Zedd è, indubbiamente il cinema della trasgressione – quello che ne incarna i caratteri più decisi e coinvolgenti – Kern è quello che ha prodotto il corpus di opere che meglio e, in maniera più articolata, definiscono le caratteristiche del movimento. Dalla loro collaborazione sono nati alcuni tra i prodotti più rappresentativi del Cinema della Trasgressione; ci riferiamo in modo particolare a Thrust in me, inserito nella tetralogia che va sotto il nome complessivo di Manhattan Love suicides (1985). Qui, la reale forza trasgressiva non è contenuta solo nella storia ma anche nello stile, nella scarna essenzialità, nella capacità di parlare esclusivamente con le immagini. L’esordio cinematografico di Kern data 1983, Goodbye 42nd Street, che dura solo cinque minuti, durante i quali il regista percorre la famosa strada newyorkese del cinema, dei teatri, ma anche delle sale a luci rosse e dei locali strip-tease. La sua cinepresa inquadra negozi, vetrine personaggi pittoreschi, semplici passanti, pubblicità di film e spettacoli. Scritte apparentemente casuali che torneranno con un ruolo ben preciso anche in altri film di Kern, hanno il sapore di dichiarazioni tematiche. Una di queste, A savage blood fest, precede il manifesto di Al Pacino e la pubblicità di Scarface, uno dei film più crudi di Brian De Palma. Si procede per accostamenti, per affinità di sensi, per simbolismi. La strada dello spettacolo per antonomasia e le storie di malavitosi che tutto controllano e tutto possono non solo coesistono ma si sovrappongono; alle sequenze della strada si alternano altre sequenze più crude, immagini di una realtà che vive al di là della parete , dietro la facciata: atti sessuali violenti, violenze domestiche, rapporti omosessuali. Un suicidio chiude il film: un uomo si spara un colpo di pistola in bocca, il suo sangue imbratta il muro dietro di lui, da quel sangue nascono le parole dei titoli di coda. Kern dimostra subito come il cinema underground possa con pochi mezzi e la semplice forza delle idee, penetrare come un bisturi affilato nel cuore della realtà contemporanea.

Richard Kriesche

Richard Kriesche è nato a Vienna nel 1940; nel 1963 ha dato esami per l’insegnamento di Pedagogia Artistica alla Akademie der Bildenden Künste (Accademia delle Arti Visive) ed all'Università di Vienna; nel 1964 ottiene il Master in Arte Grafica e Pittura sempre alla Akademie der Bildenden Künste, Vienna; nel 1969 ha insegnato al Höheren Technischen Lehranstalt (Higher Technical Teaching Facility) a Graz in Austria; nel 1969 fonda Pool; nel 1977 diventa capo della sezione sperimentale del Centro Audiovisivo di Graz; nel 1984 fonda Kulturdata (cultura dei dati); dimostra sempre un interesse artistico per i media, inizialmente analogici, ma dai primi anni 70, digitali. Attualmente è direttore dell'Ufficio per gli Affari Artistici e Scientifici dello Steiermark state government di Graz dove vive e lavora. Richard Kriesche si classifica fra quei pionieri dell'arte dei media che, nel senso più rigoroso, hanno applicato strategie per analizzare le qualità ed i limiti inerenti ai media.
Non ha scritto testi a cui sia possibile riferirsi, ma si può comunque fare riferimento alle numerose esperienze nell'ambito di eventi, mostre e seminari.
La visione del mondo tramite filtri offerti dai media. La possibilità di vedere ogni situazione con occhi diversi, come diverse sono le visioni dello stesso oggetto che ci sono offerte da media differenti. Questa è una delle motivazioni che spinge autori come Kriesche a fare esperienze significative dal punto di vista delle possibilità che i media ci offrono, di usi non proprio quotidiani, che permettono una grande creatività, consentono ai pensieri ed alle idee di trovare un posto nella realtà di un'esperienza estetica che assume la valenza di una vera e propria opera d'arte. Ne è un esempio l'esperienza Painting covers art reveals.
L'arte per Kriesche viene intesa in un contesto di processi informativi, che si realizzano poi in videoprogetti che lui ha prodotto fin dagli anni '70.
Si è dedicato a videoinstallazioni, alla creazione di veri e propri video-spazi. Ha fatto numerose videoperformances e videoproduzioni, ovviamente servendosi, di ogni tipo di media disponibili, riuscendo a combinare nei modi più diversi immagini, testi e suoni e rielaborandoli per avere il maggiore impatto possibile sullo spettatore. Ha realizato esibizioni nel contesto non solo dei multimedia, ma della robotica e delle telecomunicazioni.
I suoi eventi, programmi speciali e festivals, installazioni nei musei o in spazi aperti e pubblici hanno sempre suscitato interesse e stupore.

Peter Campus

Peter Campus è una figura fondamentale nella storia della videoarte: la sua carriera si è distinta nel concepimento di installazioni a circuito chiuso, fotografia e immagini digitali. Il lavoro di Campus è singolare per il suo significato teorico e formale. Peter Campus nasce nel 1937 a New York City (USA); nel 1960 studia all’Università dell'Ohio; dal 1971 in poi comincia ad utilizzare il video come mezzo espressivo realizzando alcune opere fondamentali della prima videoarte. Nei videotape prodotti tra il 1971 e 1976 Campus progettò i parametri tecnici e simbolici del mezzo come metofora per la psicologia dello stesso. Questa rigida investigazione fu intrapresa come una sistematica esplorazione delle proprietà essenziali del video e delle formali fondazioni. Dopo un lungo periodo caratterizzato da una produzione artistica esclusivamente di tipo fotografico, Campus, a metà degli anni Novanta, torna ad utilizzare il video; vive e lavora ad East Patchogue, New York.

Peggy Ahwesh

Peggy Ahwesh è nata nel 1954 a Pittsburgh, Pennsylvania. Ha studiato all’Antioch College negli anni '70, ben presto, insieme al collega Tony Conrad, nasce l'interesse alla produzione cinematografica. Dopo il college ritorna a Pittsburg, dove comincia a lavorare alle prime produzioni video; la crescita artistica è segnata dalle riprese di 8 film-documento, molto eccentrici. Successivamente si adopera nella realizzazione di film serie, chiamati MATRESS FACTORY. Ahwesh è una regista e video artista sperimentale, numerosi sono i riconoscimenti artistici ricevuti. Attualmente insegna al Bard College.

6.10.09

Paul Kos

Le opere di Paul Kos (1942, Rock Springs, Wyoming), dagli Anni Settanta in poi, modificano il nostro modo di vedere e concepire la quotidianità. I suoi lavori mostrano come siano necessarie nel mondo dell'arte opere effimere, temporanee e poetiche. Grazie all'uso dei materiali più disparati Kos riesce a porre davanti agli occhi dell'osservatore sempre nuove possibilità di concepire il rapporto con lo spazio e il tempo all'interno del sistema artistico.
Paul Kos, co-fondatore del Bay Area Conceptual Movement importante centro per l'innovazione artistica, Kos e i suoi colleghi Terry Fox, Howard Fried, Tom e David Marioni Irlanda., sperimentato nuovi mezzi attraverso i quali comunicare idee in merito alla cultura in cui essi vivevano. Con l'uso di questi nuovi materiali (la maggior parte di loro tecnologie progettate per altri scopi), creativi ed espressivi, come veicoli, rispetto ai tradizionali mezzi artistici come il disegno, la pittura e la scultura, è la collocazione del concetto come la forza trainante in espressione artistica.
Come scrisse Bachelard: “On n'a jamais vu le monde si l'on na pas rêve' ce que l'on voyait'' (Non abbiamo mai visto il mondo se non abbiamo sognato 'quello che abbiamo visto') una frase utile quando si tratta di Paolo Kos. Ciò che è stato visto e ciò che è stato visto in un sogno divide in due il mondo, ma qual è la pertinenza di ciascuna delle due? Non è possibile misurare la forza relativa dei due estremi; si fondono l’ uno nel'altro non appena vengono posti fianco a fianco, la percezione delle differenze semplicemente scompare e lascia l’ amaro, una forte sensualità, senza spessore o densità, un prolungato gusto di qualcosa di perduto. Paolo Kos vive il video, la scultura, la pittura non come oggetti o immagini, ma come un semplice urto frontale per aprire uno spazio diverso e lontano. Si tratta della trasformazione dell'oggetto in un immagine e dell' immagine in uno spazio visivo, in un corpo fisico o pittorico che vive diviso e diversificato, nonostante l'ambiente e al di fuori di esso.
È il mondo prima sognato e poi visto, o si è visto in un sogno, o un sogno che non si è visto in un sogno? Qualunque sia il vero, non ci sono segni o segnali che fissano un qualsiasi di questi “significati'' i quali si moltiplicano e prendono le distanza gli uni dagli altri.
Esperti di moda ci hanno insegnato a vedere l'arte come un modo di pensare l'arte. E questo dovrebbe essere presa alla lettera come un emblematico, araldico modo di essere. Per Paul Kos l'atteggiamento, i gesti, i marchi, le immagini, i colori hanno su di loro il sentimento di un elemento araldico, di riconoscibilità, di non schematica definizione. Una sorta di annuncio che potrebbe essere uno stile - una Styleme, se volete - che allo stesso tempo, allude ad un intento, di un contenuto specifico.
Kos ha ricevuto il suo BFA sia MAE e dal San Francisco Art Institute, dove è stato un membro della facoltà per gli ultimi 25 anni. Ha esposto ampiamente sulle coste ovest ed est, ha ricevuto numerosi premi prestigiosi arti, di cui cinque National Endowment for the Arts borse di studio, e una borsa della Fondazione Rockefeller. Il suo lavoro è anche nelle collezioni del Institute of Contemporary Art di Filadelfia, il San Francisco Museum of Modern Art, il Museum of Modern Art di New York, e lo Stedelijk Museum di Amsterdam, in Olanda.

Paul Bush

Paul Bush è uno dei migliori animatori viventi, assoluto autodidatta nel campo della cinematografia e dell’animazione, i cui lavori sono una incredibile commistione di animazione, video-arte e profonda sensibilità emotiva. Egli nasce nel 1956 e frequenta il corso in Fine Art al Central School and Goldsmiths College di Londra ; durante gli anni ’80 scrive e dirige diversi film di corta e media durata, molto apprezzati dalla critica, ma è solo a partire dagli anni ’90 che i suoi lavori vengono ampiamente distribuiti, mostrati nei festival, programmati nei cinema e passati in televisione, portandolo alla ribalta come uno dei migliori animatori moderni. Nel 1996 fonda la sua casa di produzione, la Ancient Mariner Production, con la quale produce i suoi lavori, tra i quali vanno annoverati anche molti commercial per noti marchi inglesi e non. La sua idea di animazione è in continuo movimento: sperimenta molteplici tecniche, tra cui l’incisione su pellicola, lo stop motion e il time-lapse, senza mai ancorarsi ad una sola di esse. Essendo un autodidatta in questi campi, rimane influenzato da ciò che più attrae la sua attenzione; His Comedy (1994), suo primo film d’animazione effettivo, liberamente tratto dalla Divina Commedia di Dante Alighieri ed ispirato dalle acqueforti di Gustav Dorè; la tecnica qui usata è quella dello scratching della pellicola, voluta dall’autore per imitare lo stile che Dorè aveva usato per le sue acqueforti, ovvero l’incisione su legno o metallo. A differenza però della tecnica di Dorè, l’incisione su pellicola da un risultato differente: il colore, che varia a seconda della profondità dell’incisione e del tipo di pellicola usata. La lettura di passi della Commedia in inglese e l’uso di un ambiente sonoro molto contrastato, aumentano la cupezza che già le immagini emanano : si ha l’impressione reale dell’oscurità della selva in cui Dante si ritrova all’inizio dell’inferno, e il tremolio continuo delle immagini aiuta lo spettatore, che si viene a trovare in uno stato di rarefazione visiva dal forte impatto emotivo. In seguito, Bush realizzerà un altro film con la tecnica dello scratching, The Albatross, anch’esso liberamente ispirato ad una grande opera letteraria, questa volta The Rime of the Ancient Mariner di Samuel Taylor Coleridge. Negli anni seguenti, Bush si dedica alla ricerca di una nuova forma d’espressione, ed in particolar modo esamina e sperimenta la Pixelation ; questa forma d’animazione in stop-frame di oggetti reali, deve il suo nome ad un concetto di fantasia molto antico: deriva dall’inglese pixie (piccolo elfo), il cui significato letterale è magico, ubriaco, pazzo. Questi tre aggettivi ben si adeguano a Forniture Poetry, lavoro del 1999, realizzato proprio con questa tecnica, vera e propria padrona dell’opera, a scapito della narratività, relegata in secondo piano. In una casa abitata da fantomatici inquilini (di cui sentiamo solo un vago brusio sonoro) gli oggetti si alternano e mutano a velocità sempre più elevate, coreografando una specie di danza frammentaria. Seguendo questa nuova tecnica, ma apportando comunque delle innovazioni, Bush realizza, nel 2001, Dr Jeckill and Mr Hyde in cui il regista rinuncia agli oggetti inanimati per passare alle persone reali, ed il risultato è adeguato al tema trattato. Bush infatti, riesce a dare visualità allo sdoppiamento di persona che si svolge nel Dr Jeckill/Mr Hyde. Egli ricrea frame per frame l’omonimo film di Victor Fleming del 1941 con Spencer Tracy e Ingrid Bergman, alternando continuamente gli attori. Il risultato è folgorante, specialmente nell’ultima scena, quando l’effetto della pozione che trasforma il Dr Jeckill in Mr Hyde giunge al suo picco, e le trasformazioni si susseguono così rapidamente da sfuggire all’occhio umano. Si ha veramente la sensazione di una bipolarità mentale.

Dennis Oppenheim

Dennis Oppenheim è nato a Massone City, Washington nel 1938. Artista statunitense. Si forma nella Scuola di Arti e Mestieri della California e nell'Università di Stanford. Alla fine degli anni sessanta inizia una serie di opere influenzate dalla "land art" e col tempo incorpora anche presupposti della "body art" e della "performance". Nonostante la sua relazione con l'Arte ambientale, la sua opera possiede una dimensione vicina e combattiva che la distingue da quella di altri rappresentanti di questa tendenza come Smithson o Heizer, più preoccupati per gli aspetti epici e romantici. Il suo compromesso etico e politico si mette di rilievo in alcune delle sue azioni, come quella che lo portò a circondare di cani da guardia un museo, ostacolando l'entrata, o quella che gli fece seminare un raccolto che sapeva in anticipo che andava a risultare infruttuosa. Già alla fine degli anni settanta assale una serie di sculture ed oggetti simbolici nei quali riflette sul potere catartico dell'arte e la sua capacità per l'illuminare male. Tra le sue esposizioni individuali possono sottolineare quella della Kunsthalle di Basilea (1979) o quella del Kunstbunker Tumulka, Monaco (1995). Partecipò alle edizioni V e VI della Documenta di Kassel. L’universo di Dennis Oppenheim, tra i massimi esponenti dell’arte contemporanea della seconda metà del XX secolo, che, insieme a Bruce Nauman, Robert Smithson, Michael Heizer, Vito Acconci, Robert Morris e Gunther Uecker, anima quella generazione di area americana che ha contribuito a rinnovare i linguaggi contemporanei. È un artista concettuale noto per la sua attività nel campo della performance della Land Art e del video. Nel 1966 si trasferisce a New York dove realizza la sua prima mostra personale. Intorno agli anni Ottanta Oppenheim si dedica soprattutto alla realizzazione di grandi opere installative spesso nello spazio pubblico. Nel 1997 ha partecipato alla Biennale di Venezia.

Olga Mink

Il lavoro di Olga Mink funziona come media-artist e produttore cinematografico nei Paesi Bassi. Varia da nuova arte di mezzi, alla prestazione audiovisiva, cinematografo in tensione, installazioni (interattive) e musica-video ed animazione sperimentali. Il suo lavoro è stato esposto ai vari festival e eventi nel Benelux, nel Regno Unito, in Francia, in Spagna, negli U.S.A., Est-Europa, in Russia bianca e nel Tokyo-Giappone. Sviluppa i concetti visivi in movimento-grafici e nei nuovi mezzi. Nel suo lavoro esplora le varie tecniche per generare la sua estetica contemporanea tipica. Il suo lavoro si riferisce spesso a progetti grafici, movimenti del corpo e temi urbani. Vicino alla prestazione in tensione e ai movimento-grafici, inoltre lavora ai progetti e alle video-installazioni concettuali. Per esempio ha generato l'VJ-installazione interattiva Video-matic per un centro culturale olandese in 2004. Questa installazione esplora gli ambienti pubblici di reti per mezzo di uno schermo attivabile al tatto all'interno della costruzione e le video-proiezioni alla notte. L'interazione di reti si sta sviluppando per mezzo di un'applicazione in linea e di un Web site dedicato. Come un video-esecutore lei collabora spesso con altri musicisti/compositori. Come un visone visivo dell'esecutore funziona inoltre con lo pseudonimo di `Oxygen e 'Visual.girlbot.facility'. Ha liberato il lavoro sul Dutch VJ-identifica NOTV, Steaminsounds, Triggermotion e le rappresentazioni di Lightrhythm.

Norio Kobayashi

Norio Kobayashi è un fotografo Giapponese. Kobayashy nato in Odate, Akita nel 1952. Nel 1980 decide di lasciare l’istituto universitario dentale e si laurea all’Istituto Universitario di Tokyo in fotografia nel 1983. Dopo le sue prime mostre Kobayashi diviene un importante esponente della fotografia, ricordiamo Landscapes (tokyo 1982) mostrando una serie di paesaggi raffiguranti la zona marginale urbana. Sviluppata spesso per alloggiamento o per un nuovo sviluppo della città.
Nel 1986 Kobayashi pubblica Il paesaggio e riceve il premio per i nuovi fotografi di talento dalla società fotografica del Giappone nel 1987. La prima luce vince il premio di Kimura Ihei di fotografia (1993). Le fotografia di kobayashi sono state anche esibite insieme a quelle di YuJi Saiga, Naoya Hatakeyma e di Toshio Yamane in una mostra intitolata Terra del paradosso che ha viaggiato intorno agli Stati Uniti nel 1996/97. Il lavoro fotografico di Kobayashi si accosta al linguagio video nella necessità di produrre un copioso numero di "fotogrammi" nella costruzione dell'opera.

Nil Yalter

Nil Yalter nasce al Cairo nel 1938. Avendo completato i suoi studi ad Istanbul, si trasferisce a Parigi dove lavora come pittrice, scultrice e videoinstallatrice per molti anni. Lavora per molti corsi sulla videoarte all'Università di Sorbonne dal 1980-1995. Vive attualmente a Parigi dal 1965.
Yalter è un artista che è interessata ai problemi etnici, l'identità culturale, alla condizione femminile, incorporando spesso vari materiali e media nel suo lavoro. Si concentra su approcci etnici e situazioni sociali relative al tema della migrazione. Fotografia, documenti, computer-video o spettacolo sono tutti medium che giungono al pubblico in un modo interattivo. Con molta probabilità la prima vera opera interattiva turca è stata realizzata da da Nil Yalter. I suoi lavori sono stati esibiti in Europa, Turchia, Taiwan e in America. Alcuni opere sono raccolte nel Centro Georges Pompidou e Long Beach Museum of Art in California.

Nick Zedd

Nick Zedd è oggi simbolo dell’underground contemporaneo e col suo film They eat scum ha inaugurato quella particolare estetica detta poi della Trasgressione. La sua era una tipica famiglia middle class americana e l’educazione che gli è stata fornita è stata quella classica fondata sui principi del cristianesimo e della buona convivenza sociale; Il suo desiderio di rottura si esprime subito ai massimi livelli, ma la sua condizione di ribelle e di disadattato gli ha sempre creato difficoltà a legare con l’ambiente circostante consentendogli di unirsi solo ad altri diversi ed emarginati come lui. Egli è anche uno scrittore e nel suo libro Totem of depraved ripercorre il suo percorso esistenziale ed artistico verso la trasgressione; in opposizione all’educazione bigotta e restrittiva ricevuta in famiglia, vive secondo i canoni di una moralità rovesciata ove la virtù consiste nell’abbattere i tabù e adattarli alla propria etica trasgressiva. Anche nei suoi eccessi, nelle sue “trasgressioni”, egli è sempre se stesso, fino in fondo; non si tratta di un personaggio costruito ad arte per il semplice gusto di stupire, di distinguersi o di affermarsi nel cosiddetto show-business, come è successo per molte rockstar. Del resto la sua perdurante marginalità è la migliore conferma della perfetta coincidenza tra le sue scelte artistiche e le sue scelte di vita. I film di Zedd rappresentano una realtà dura e spietata che si manifesta il più delle volte, sotto forma di drammatica parodia; i film come lo stesso autore sembrano manifestare una sorta di stupore attonito per ciò che gli sta intorno, per una realtà che sente irriducibilmente lontana ed estranea. Quei film rappresentano proprio la misura della sua distanza dal mondo, del suo orrore per esso, e per certe specifiche manifestazioni. Questa diversità, quest’incapacità di omologarsi ai comportamenti generalizzati causano a Zedd, anche nell’arte, un sentimento di estraneità, di esclusione. Lo stesso che quando era ragazzino scavava un abisso tra sé e gli altri. La struttura narrativa di They eat scum, lungometraggio girato in superotto nel 1979 da un giovanissimo Nick Zedd, si fonda su di una nichilista ed esplosiva miscela di punk, delinquenza giovanile, horror, melodramma familiare, il tutto immerso in un sottofondo musicale death rock e trattato in chiave di satira. Il film segue le vicende di un personaggio chiamato Suzy Putrid e della sua death rock band, la Mental Deficient; la famiglia di Suzy è tradizionalista ed ostacola le sue scelte di vita. La risoluzione del conflitto avverrà, senza mezzi termini, attraverso l’eliminazione violenta e liberatoria dell’intera famiglia, dopo di che Suzy si scatena insieme alla sua band e i loro concerti finiscono immancabilmente in risse colossali ed atti delinquenziali veri e propri. La musica dei Mental Deficient causa l’esplosione di una centrale nucleare e vent’anni dopo ritroviamo tutti i membri del gruppo, tranne Suzy Putrid , trasformati dalle radiazioni in terribili mostri animati da uno spirito di vendetta nei confrotti dei sopravvissuti alla catastrofe. Nessuna partecipazione emotiva è richiesta, ma le scene horror, con tanto di cannibalismo, e quella del topo vivo infilato a forza nella bocca di un personaggio, ottengono pienamente il loro effetto disturbante. Atre scene degne di nota sono quelle che vedono un travestito avere rapporti sessuali con un seducente barboncino, tutto riccioli e nastrini, e un uomo che invece s’intrattiene, sempre sessualmente, con un pastore tedesco. Il tutto a comporre una miscela esplosiva ed indigesta. Il cinema della trasgressione nasce così!

Nancy Angelo

L’attività artistica di Nancy Angelo si è svolta nel corso degli anni attraverso diverse modalità rappresentative, quali le “performance”, la “video arte” e anche con l’insegnamento.
Dal 1976-80 Nancy Angelo è stato un membro delle “Suore Della Sopravvivenza”, un gruppo artistico con le quali ha lavorato con progetti video e con svariate prestazioni.
Famosa è una performance di gruppo, dove lei viene rappresentata con abiti da suora (simbolo di castità), per denunciare il ruolo della donna in quegli anni. Da queste brevi informazioni, si può già capire che l’artista è stata una forte attivista del movimento femminile, movimento che denuncia la stereotipata visione della donna, con una presa di coscienza e ribellione di queste.
Tra le varie collaborazioni, inoltre si deve citare la sua partecipazione come membro al movimento “Feminist Art Lavoratori” insieme a Vanalyne Verde, Cheri Caulke e Laurel Klick
Nel 1972 venne creato il collegio per laureati e per le donne nelle arti, chiamato “Studio Workshop - FSW”, che possiamo definire un importante punto di riferimento e una struttura che segnò il percorso della Angelo e per le femministe.
L’intento del collegio era di sviluppare il talento artistico e creativo delle donne.
Dopo alcuni anni purtroppo l’istituto non ci fu più, e il suo posto venne preso dal “The Woman's Building”, fondato un anno dopo da Judy Chicago, de Bretteville e Raven, colleghe artistiche della Angelo.
Nonostante si parli di due strutture e scuole diverse, si può dire che entrambe le organizzazioni sono uniche nel loro obiettivo,ovvero quello di re - inventare l'istituzione e quindi il mondo sociale secondo principi femministi.
Nancy Angelo ha diretto nel Woman’s Building alcuni programmi di istruzione delle donne e si è occupata anche della costruzione di questo progetto, creando molte performance artistiche e collaborando con Candice Compton.
Con la Compton ha lavorato inoltre a delle performance e a dei primi esperimenti in video, le loro prestazioni iniziano nel 1970, tra le varie opere citiamo: -“On Joining the Order” (Non prendere Ordini) - 1977, “Equal Time/Equal Space: Women Speak Out about Incest” (Stesso tempo/ Stesso spazio: Le donne parlano apertamente dell'incesto) - 1980
I loro lavori riflettono le loro esperienze autobiografiche, l’arte è il metodo con il quale riescono ad esprimere la loro espansione interna, il proprio mondo, il modo di vedere la vita, le cose, affrontando così le problematiche femministe comuni, per una nuova identità femminile.
Hanno poi collaborato nel 1976 al video Nun e Deviant, che risulta essere il loro lavoro più famoso. In Nun e Deviant gli esecutori discutono della loro felicità e della loro identità sia come donne e sia come artisti, Angelo e Compton smantellano le forme stereotipate, esplorano il mondo repressivo, le rappresentazioni che circolano nella nostra cultura sul mondo femminile.
Il video suggerisce e vuole mettere in scena la visione degli opposti, suggerita da due figure completamente opposte,come “Madonna – puttana” (nun - deviant) recriminando i cliché che costringono le donne ad assumere ruoli restrittivi e paradossali.
La videocassetta ora è negli archivi del LAWVC attualmente ospitata presso il Long Beach Museum of Art. (foto © 2001 Copyright the Woman's Building Inc.)

Mike Kuchar

Mike Kuchar è nato nell’agosto del 1942 a New York, pittore insieme al fratello gemello George Kuchar incarnano la figura di registi impudenti, fantasiosi, riconosciuti come i pionieri del cinema underground e creatori di quell’estetica pop e trash che influenza registi quali Andy Warhol e J. Waters. Sfidando qualsiasi convenzione di qualità e buon gusto, realizzano un cinema-shock ora folle e parossistico, ora stilizzato e sperimentale. A condizionare il loro cinema è anche la loro storia, la loro condizione familiare; difatti quando erano ancora giovanissimi hanno vissuto a contatto con la terribile realtà del Bronx, la madre era una casalinga ma il padre incarnava la figura di un uomo rude e virile al tempo stesso, che girava nudo per casa e spesso creava situazioni di grande disagio (era solito lasciare liberamente in casa materiale pornografico). Per fuggire a tutto questo, Mike Kuchar viveva in solitudine rifugiandosi spesso nella vecchia sede di un teatro. Se l’adolescenza di Mike fu fortemente segnata, egli trovò una via d’uscita grazie alla video arte, tant’è vero che spesso alle feste o semplicemente a casa di amici mostrava i suoi lavori. Nel film Night of the bomb, la bomba è utilizzata come veicolo espressivo di effetto visivo vero e proprio (si trattava di una sorta di effetto speciale con l’intento di colpire l’occhio e l’attenzione dello spettatore) e come medium che traduce nei termini più cruenti e diretti il conflitto tra gli uomini. Il film termina con una terribile ed allo stesso tempo, spettacolare esplosione. I primi film, girati in 8mm sono in gran parte frutto dell’improvvisazione, stimolata dalla povertà di mezzi, ad esempio, Screwball (1957) è concepita come un’unica scena d’amore senza intermezzi creando quindi difficoltà nell’interpretazione narrativa. The Thief and the Stripper (1959) tende al melodramma: un artista uccide la moglie ed in seguito s’innamora di una spogliarellista che a sua volta s’innamora di uno scassinatore. Il film si conclude con la morte violenta dei protagonisti e con un colpo di scena: la spogliarellista è la sorella della moglie assassinata. La vita quotidiana, diventa parte integrante dei film di Mike Kuchar, che ne manifesta gli aspetti più nascosti.
Oggi dimenticati, questi film, sono quanto di più radicale che il cinema «alternativo» abbia conosciuto.

Michel Jaffrennou

Michel Jaffrennou, francese, autore video e multimediale nonché scenografo.
Diplomatosi negli anni sessanta alla Scuola di Belle Arti di Angers, nella Loira, espone come pittore e scultore, crea scenografie e fa performances in gallerie e musei francesi ed esteri. Verso la fine degli anni sessanta, però, sposta la sua attenzione verso i mass media emergenti, diventando uno dei pionieri dell'avanguardia europea. In particolar modo si concentra sulla creazione video, che utilizza in maniera molto originale, inventando una nuova forma di spettacolo elettronico dove attori reali e virtuali recitano assieme sulla stessa scena. E' il caso di “Electronique Vidéo Circus” e “Vidéopérette”, rispettivamente esposti al Centre Pompidou ed alla Grande Halle la Villette di Parigi.
Realizza programmi televisivi come Vidéoflashes (Primo premio al JVC Tokio Festival), Jim Tracking e Pierre et le Loup, premiato come miglior film d'animazione dalla televisione francese nel 1996. Coprodotto con Canal+ e distribuito anche all'estero.
Nel 1980 riceve il premio Leonardo da Vinci dal Ministero degli Esteri giapponese.
Nel 1981 coordina con Norbert Hilaire il numero speciale della rivista Art Press Rewiev intitolato Les Nouvelles Technologies, un art sans Modéle?.
Nel 1992 è nominato “Chevalier des Arts et des Lettres” dal Ministro della Cultura.
A partire dal 1997, realizza opere multimediali su CD-rom.
In parallelo con le sue attività creative ha presieduto la Commissione 2000 e 2003 dei lavori per il Multimedia Artist's Civil Society. Inoltre ha allestito una mostra sull'evoluzione dello story-board ed organizzato workshops sull'interattività in varie scuole tra cui l'Istituto d'Arti Visive di Orléans, in Francia.

Max Almy

Max Almy nasce nel 1948, egli usa la tecnica della creazione dinamica, dando un impatto visivo contemporaneo. Il suo lavoro b del 1980 include: leaving twentieth century e perfect leader 1983, video illustrativo tecnologico, ideologico. La storia dell’Almy post-moderno e caratterizzata da immagini emblematiche, da colonne sonore e dalla condensazione di strutture narrative. Egli è stato anche insegnante alla scuola di film e televisione della California. Attualmente conduce la sua vita a New York.

Mastro Machfeld

Mastro Machfeld, è un duo artistico, fondato nel 1999 da artisti di media Michael Mastrototaro e Sabine Maier a Vienna, Austria, essi operano in diversi settori: Net-art, film sperimentali, streaming di progetti, installazioni interattive, arte nello spazio pubblico. I progetti, mostre e proiezioni si sono tenute in Africa, Europa, America Centrale e gli Stati Uniti d'America.
Progetti: X-COM (2008), JOYES" (2007), VED vs Joburg (2007), CROSSOVER III / CROSS, TALK (2006), VI (2005), VISP (2005), PIONEER (2003), Il Game1 (2002), Stroemung 01

5.10.09

Mary Lucier

Mary Lucier è nata nel 1944, in Bucyrus, Ohio, dal 1974 vive e lavora a New York. Attraverso l’esplorazione della luce e del paesaggio utilizati come agenti di percezione visiva e della memoria personale e mitica, Mary Lucier riesamina le tradizioni storiche e letterarie del 19o secolo utilizzando la lente della tecnologia contemporanea.
Lucier è ben nota per i suoi contributi alla videoinstallazione multi-monitor e multi-canale.
Nei suoi eleganti lavori "pittorico-narrativi", in cui le immagini video sono impostate all'interno di configurazioni che descrive come "simultaneamente cinematografiche, scultoree, e teatrali", luce e paesaggio divengono modalità di rappresentazione e metafora. Reinvestigando il mito pastorale americano in termini di "un ironico dialogo tra passato e presente, mondano e poetico, reale e ideale," Lucier solleva questioni di identità e di memoria collettiva attraverso un vocabolario storico dell'arte.
Il riecheggiamento dei motivi del 19 ° secolo e delle tradizioni pittoriche, l’ uso metaforico della luce per significare la sua trascendenza e le sue allusioni al sublime evocano gli ideali Romantici e Modernisti: Ohio a Giverny (1983) è un poetico omaggio a Monet e all’Impressionismo; Wilderness (1986) si riferisce all’ Illuminismo e alla Hudson River School.
Nelle opere di Lucier , la natura si trasforma attraverso la cultura e tecnologia; la luminosità diviene sinonimo di lirismo. L'artista ha iniziato a lavorare al video nel 1970, dopo esordi in scultura, fotografia e installazioni.
Le prime opere, come Dawn Burn (1975) e Bird's Eye (1978), sono sperimentali registrazioni di effetti ottici della luce nell’occhio della telecamera. Mirando un laser direttamente alla telecamera o puntando l’ obiettivo contro il sole, ha bruciato il tubo vidicon inscrivendo in esso calligrafiche astrazioni di luce.
In aggiunta alle installazioni, ha anche prodotto video-danza con la coreografa Elizabeth Streb, esplorando i rapporti della figura umana, dei movimenti scultorei, e dei paesaggi.
Il suo lavoro è conosciuto internazionalmente ed è stato esposto in musei, gallerie, spazi alternativi e festival oltre che in molte collezioni pubbliche e private. Un obbiettivo importante del suo lavoro dal 1979 è stato lo sviluppo dei progetti video per siti pubblici.
The Plains of Sweet Regret (2007) è un’ installazione composta da cinque video canali, tre grandi teli da proiezione e due schermi al plasma a 43’’. Il video di18minuti viene continuamente ripetuto, le immagini delle grandi pianure del Nord Dakota sono accompagnate dalla suggestiva musica del compositore Earl Howard che cattura il particolare carattere del territorio.
Lucier è stata invitata a creare questo lavoro dal North Dakota Museum of Art come parte delle sue continue commissioni chiamate Emptying out of the Plains, che vuole trattare il problema dello spopolamento delle zone rurali dell’alto Midwest; negli ultimi 50 anni la popolazione giovanile ha abbandonato questa zone per trasferirsi in città e le aziende agricole a conduzione familiare (una volta base della cultura americana) sono divenute sempre più scarse.

Mario Canali

Mario Canali è uno dei primi artisti italiani ad aver esplorato le potenzialità creative del computer, inaugurando il connubio tra arte e tecnologia, nel 1984 incontra la computer grafica ed inizia il suo viaggio nella dimensione del digitale. Nel 1985 entra a far parte del gruppo Correnti Magnetiche. Nel 1992 inizia la ricerca nel campo dell'interattività e con l'informatico Marcello Campione realizza la stazione di realtà virtuale immersiva (casco più joy-stick) Satori. Satori è costituito da oltre dieci "spazi" collegati tra loro tramite "portali". Una volta entrati ci si trova nello "spazio principale”. L'universo virtuale può essere visitato contemporaneamente da due persone. I due visitatori possono, incontrarsi e comunicare tra di loro tramite voce. In Satori non c'è nessuna meta da raggiungere se non quello di esplorare gli spazi, di giocare con gli oggetti e i suoni. Gli spazi presentano oggetti, architetture, personaggi, eventi e "regole del gioco". Dal 1995 fino al 2002, con lo psicologo Elio Massironi, l'artista approfondisce la ricerca in campo percettologico e psicologico applicata alla produzione di installazione interattive in grado di rilevare e commutare parametri psico corporei in scenari di luce, suono, immagini, video. Uno di questi è Ulisse (1995) è una macchina interattiva che permette di effettuare un percorso tra musiche e scenari virtuali, modificati via via dal battito. L'installazione è costituita da una piattaforma su cui è collocato un posto a sedere (trono) munito di uno scettro con accelerometro, di un sensore che misura il battito cardiaco e di sensori, posizionati sulla seduta; atti a rilevare gli spostamenti della persona. La nave- trono è munita di una vela, tesa di fronte alla poltrona, su cui viene videoproiettato il percorso negli spazi artificiali generati dal computer. I parametri biologici, rilevati dai sensori, vengono trasmessi all'elaboratore che li utilizza per modificare gli scenari e i suoni. Il trono è dotato anche di altoparlanti che restituiscono suoni in modalità olofonica controllati dal computer. Anche Neur-onde, del 1997, si basa su un modello di questo tipo, ma questa volta il parametro fisico rilevato dai sensori sono le onde cerebrali. L'attrezzatura usata rileva la presenza delle varie onde e l'emisfero, destro o sinistro, da cui provengono. L'incrociarsi di questi dati consente di individuare sette possibili stati mentali, a cui è associata una particolare configurazione di luci, musiche e fumo. Nel 1996 nasce Inside propone di vivere l'esperienza dell'archetipo dell'uovo e della nascita. In una immagine femminile montata su un grande pannello a forma di uovo è stata praticata una apertura all'altezza dell'ombelico nella quale è possibile introdurre la testa. Dentro, grazie ad un gioco di specchi, si apre uno spazio infinito nel quale un segno dinamico generato da computer sviluppa una forma accompagnata da una musica che ne segue la continua evoluzione. Nel 1997 crea Ritmi è un'installazione interattiva che permette a quattro persone di giocare con il battito del proprio cuore. Ogni persona si siede intorno ad un tavolo e appoggia il dito sul sensore che legge il battito cardiaco. Di fronte comincia a pulsare un cilindro luminoso e il suono del battito esce da due maniche a vento in ottone. L'effetto finale è la generazione contemporanea dei quattro battiti cardiaci con effetti musicali continuamente variati. Nel 1999 da vita a E.mX è un ambiente emotivo che reagisce ai movimenti della persona. L'installazione è composta da una scenografia di luci, ventilatori e lunghe strisce di leggero tessuto disposte in una stanza in cui il visitatore viene invitato ad accedere. L'ospite dovrà indossare un guanto al quale vi è applicato un sensore di rilevamento motorio. Lo spazio reagisce alla varietà dei movimenti come un corpo virtuale immateriale,con voci, luci e vento, esprimendo piacere o fastidio, divertimento o tristezza. Un incontro tra uomo e macchina dove la macchina fornisce allo spazio una inedita sensibilità. Nel 2003 dà vita al Progetto Arcnaut . Questo si propone come laboratorio volto alla realizzazione di arte visiva, bio-installazioni e oggetti interattivi, video e interaction design. Opere che coniughino sofisticazione tecnologica e valorizzazione dell’individualità, verso quello che amiamo definire un tecno umanesimo.

Marie-Jo Lafontaine

Marie-Jo Lafontaine è nata ad Anversa nel 1950, è un’artista contemporanea belga. Attualmente vive a Bruxelles. Tra le più famose nel suo campo, utilizza tecniche molto varie che spaziano dalla scultura alla pittura fino ai lavori parietali tessili; ma predilige soprattutto la fotografia ed il video.Ultimamente è stata eletta "Artista europeo dell'anno 2008" in Cina.Sebbene abbia cominciato il percorso di studi in giurisprudenza, si orienta ben presto verso il campo artistico e nel 1979 si diploma a “La Cambre”, la Scuola Superiore Nazionale di Architettura e di Arti Visive di Bruxelles. Sono soprattutto i corsi della sezione tessile dell’artista polacca Tapta (Maria Wierusz-Kowalski, 1926-1997) che influenzano e formano il lavoro di Lafontaine fino a farle ottenere, nel 1977, il “Prix de la Jeune Peinture Belge”. Primo riconoscimento che segna anche l’inizio dei lavori tessili monocromatici.
E’ però nel 1987 che la sua carriera segna una svolta con la controversa installazione “Les Larmes d’Acier” (Le lacrime d’acciaio), presentata al Documenta di Kassel, in Germania. La video-scultura era costituita da una struttura composta da parecchi monitor, i quali diffondevano immagini di sollevatori di pesi, tra sofferenza e godimenti, accompagnati da un sottofondo di musica d’opera. Nel corso degli anni ha insegnato in alcuni istituti austriaci e tedeschi tra cui l’HFG di Karlsruhe, in Germania.
Nel 1999, in Francia, ha beneficiato di un’importante retrospettiva video allestita presso la “Galerie du Jeu de Paume”.
Ha vinto inoltre parecchi concorsi pubblici e le sue opere e installazioni sono visibili, tra l’altro, presso l’Aeroporto di Stoccolma, in Svezia; lo Justizcentrum di Bonn ed il Felix Nussbaum Museum di Osnabrück, in Germania.
Nel 2006 è stata scelta come artista per lo Sky Arena Project ed il suo video “I Love the World” è stato proiettato in occasione della cerimonia inaugurale dei Mondiali di Calcio a Francoforte, in Germania. (Foto: Courtesy by Gallery Storms)

Merce Cunningham

Merce Cunningham è nato nel 1919 Washington, è considerato il padre della danza contemporanea, colui che, rompendo con ogni convenzione, dal balletto a tema, al rapporto riflessivo musica-danza, rigetta l'accezione della scrittura coreografica, ed è sempre stato al centro delle più roventi dispute sull'arte d'avanguardia, ma con un atteggiamento di sereno distacco. Affascinato dalle idee musicali di John Cage, che frequentava la sua stessa facoltà, ma in qualità di docente, alla fine degli anni '30 instaura uno dei più saldi legami tra un coreografo e un compositore nella storia della danza. Cunningham è stato danzatore nella famosa compagnia di Martha Graham. Nel '44 ha presentato a New York la sua prima coreografia, con musica di Cage, e nel 1953 ha fondato la Merce Cunningham Dance Company, di cui Cage è stato sino al ’92 consulente musicale. Negli anni ‘40 ha attuato l'idea della danza contemporanea come a moving image of life, separando la musica dalla danza e ricorrendo all’indeterminazione, cioè il montaggio casuale dei movimenti. Nel ’52 lo vediamo partecipare, con l'amico Robert Rauschenberg, al Theatre Piece di Cage, che dà l'avvio ad un nuovo movimento teatrale: quello dell'happening. In queste performance la sua danza solistica viene giustapposta a un brulicare di concomitanti e autonome azioni artistiche ed egli ne ricava nuovi stimoli per la messa a fuoco della sua nuova danza. Tre, sono i punti caratterizzanti della Merce Cunningham Dance Company: riesplorare il balletto includendo però i gesti quotidiani e l'immobilità; distruggere la prospettiva rinascimentale danzando liberamente in spazi non più solo teatrali; eliminare ogni coinvolgimento emotivo che potesse distogliere l'interprete dalla concentrazione sul movimento.Oggi pezzi da museo, quelle scene erano firmate da giovani artisti come Rauschenberg e Jasper Johns. Conchiusa nelle leggi dell'aleatorietà, la danza di Cunningham si affermò definitivamente negli anni '70; nel periodo della contestazione giovanile, le opere sono ruvide e concrete, ma divengono anche ironiche e modulari con l'introduzione degli Events: sorta di collage di pezzi presi, a caso, da varie coreografie ideate a partire dal 1962 per essere presentati negli spazi più diversi: gallerie d'arte, musei, luoghi all'aperto. Le coreografie d'esordio della Merce Cunningham Dance Company, si resero tollerabili al pubblico nel tempo solo grazie all'atletismo e alla perfezione tecnica dei danzatori. Il movimento resta il protagonista assoluto, in tutta la sua più sublime efficienza fisiologica. Il movimento dei ballerini è puro, spersonalizzato, come d’altronde, l’opera dadaista, che ricerca un’arte del tutto impersonale. Lui riesce ad eliminare la trama, perfino la musica. Queste assenze sono compensate dal largo uso del computer per montare i suoi spettacoli. Dopo che il suo linguaggio era entrato in perfetta sintonia con gli artisti emergenti dada e pop, dagli anni '70 ha utilizzato film e video, computer e realtà virtuale per sperimentare nuove frontiere della danza. In ogni spettacolo della sua lunghissima carriera, i tre elementi portanti della danza, cioè suono, movimento e immagine, interagiscono in un'inconscia indeterminatezza, al di là di qualsiasi condizionamento storico e culturale. Le coreografie degli anni '80 rappresentano il culmine del suo aspetto tecnicistico: gli elementi scenografici sono ridotti al minimo, le sue rappresentazioni tornano a essere evocative come negli anni '40. È stato il primo ad usare strumenti tecnologici assieme alla danza (i televisori), ad avvalersene nella composizione coreografica e a collaborare con famosi film-makers e video-artisti. Egli rifiuta di affidare le ragioni del suo talento alla sola genialità o sensibilità artistica, che pure in modo tanto spiccato possiede; ma all'attuale fase creativa. Dopo la scomparsa di John Cage, scrive Ocean (1994). Altri compositori, del calibro di C. Wolff, M. Feldman, D. Tudor, e La Monte Young, accompagnano le esplorazioni dinamiche del corpo nello spazio di questo artista. Il lavoro di Merce Cunningham è stato "Trovare i limiti della danza", annullando ogni tradizione e ogni preconcetto, trasformando la danza in qualcosa di impossibile, ma reale.

Luca Maria Patella

Luca Maria Patella è nato a Roma, ove risiede. Ha vissuto in Francia e in Sud America. La sua formazione è stata artistica, scientifica (chimica strutturale) e psicanalitica (con Ernst Bernhard). Noto per le complesse relazioni semantiche e tecniche, che ha utilizzato nei suoi numerosi lavori (pittura, scultura e installazioni, film e video, grafica, scrittura, fotografia). Nello ’03 si è inaugurata, con successo, la sua grande “Magrittefontaine” (Fontana Fisiognomica, tornita sul profilo di René Magritte) a place de Ninove, Bruxelles.
La Fontana: 4 X 3 metri di “pierre bleue” gli è stata commissionata dal “Comité des Arts de la Ville de Bruxelles”. Nello ’02 ha ottenuto il “premio alla Carriera” dal DAMS di Bologna. Nello ’04 ha vinto il “Premio Pavese/Grinzane Cavour”, per la Poesia. Si può trovare nelle Voci per Nominativi individuali della “Nuova Enciclopedia Treccani”. Figura in oltre 10.000 siti Internet. Ha partecipato a sei edizioni della Biennale Internazionale d’Arte di Venezia ed esposto in tutto il mondo. Sue opere in varie collezioni, fra le altre, quella del MOMA, New York; MuHKA, Antwerpen; Polaroid Corporation, Boston; Fondazione “Matta Clark”, Antwerpen; Bibliothéque Nazionale, Paris; lo “Stadelijk Museum”, di Amsterdam; la “Galleria Nazionale d’Arte Moderna”, Roma; e varie altre. Se in passato esponeva presso “l’Attico”, Roma, e “Apollinaire”, Milano; ha tenuto numerosissime mostre nel mondo. Ultimamente: 3 esposizioni presso la “Fondazione Morra” di Napoli. Una grande Antologica (la più vasta: 400 opere) si è tenuta presso il “Museum voor Hedendagse Kunst” (MuHKA) di Antwerpen. Attualmente espone presso “l’Istituto Italiano di Cultura”, a Parigi, nella mostra “Buonincontri”. Ha pubblicato oltre 70 libri, di vario genere (intesi anche come “lavori”). Ultimamente (sono distribuiti da P.D.E. sul territorio nazionale): “L.M.Patella, La Fotografia dalla Alfa alla Zeta”, Scheiwiller ed., Milano ’04. “L.M.Patella, Montefolle”, Le Balze ed., ’03. “Vi aggio in Luca (romanzo ferroviario)”, ed. Morra, Napoli (Fondazione Morra), ‘03. (Un libro con barre di ferro, e bulloni in copertina: romanzo, libro di immagini, libro-oggetto).
Luca Maria Patella, rappresentante di rilievo delle arti visive degli ultimi trent’anni, svolge una incessante ricerca passando attraverso numerosi media espressivi sperimentali dalla pittura all’installazione, dalla fotografia al libro senza mai perdere il contatto con una profonda matrice estetica e poetica.