10.10.11

Mario Sasso


Mario Sasso è un artista che vive le sue esperienze di linguaggio da una posizione singolare. Egli non ha mai rinunciato alla sua formazione e alla sua “cultura professionale di pittore. Sasso sostiene di aver conservato l’impostazione del pittore in quanto sia il pittore che il videoartista sono dei “montatori di immagini. Però la sua pratica del linguaggio di comunicazione elettronica è quotidiana, ed esercitata dal versante in cui risulta indispensabile la massima efficacia simbolica di rappresentazione in una condensazione del tempo. La sua pittura ha molti obblighi, espliciti, verso la nuova visione elettronica. La sua attività è una delle manifestazioni più evidenti di come l'intelligenza artistica possa interagire con i mass-media senza tradire le aspettative del pubblico e l'intenzione creativa dell'artista. Sasso, che ha realizzato numerose installazioni e videosculture, nelle quali si intrecciano, in un'estensione originale di risorse espressive, diversi linguaggi (pittura, fotografia, video, immagini numeriche, musica, immagini cinematografiche, televisive, via satellite), ha concentrato la sua attenzione sullo spazio urbano, sul senso e sull'immagine della città, autentico leit-motiv poetico sotteso a tutta la sua esperienza artistica, sia plastica che videotelevisiva. Nella scelta dei suoi paesaggi urbani egli esalta la qualità ottica di queste letture sollevando il punto di vista e spingendo la risoluzione dal primo piano sino all’orizzonte. La luminosità fluorescente e opalescente del video è trasportata in una dimensione fisica più densa ma non meno rilucente. La notte esplorata dalle nuove telecamere, così diversa dalla piena luce della prima fotografia, è vissuta dentro una liquida evidenza notturna. Il tema della città-paesaggio che appartiene al mondo moderno come luogo di vita – di memoria e di impossibili solitudini – è centrale nel lavoro dell’artista. La qualità ottica della distanza si ribalta in quella psicologica e poetica, l’allungamento dell’orizzonte vanifica ogni presenza o segnala come un’impossibilità di arrivare alla risoluzione del primo piano delle figure. Luce e ombra non si danna se non per contiguità, non hanno gradienti. Questo dà, più che drammaticità, distacco dalle cose viste e, a evidenza, lungamente osservate. Si tratta di una “nuova visione in cui ogni romantico slancio o partecipazione è raffreddato, trasferito o rinviato. Il secondo aspetto del lavoro di Sasso interno alla pratica della televisione ha un debito di direzione opposta, ma egualmente diretto, verso l’universo delle immagini della pittura; tutti siamo abituati a richiami di grande efficacia come le sigle dei telegiornali. E’ indispensabile che l’animazione abbia una sua dinamica, che questa arrivi a una risoluzione stabile e coerente, che le posizioni del suono e dell’immagine si equilibrino in un rinforzo reciproco. Le sigle di Sasso hanno tutte una “qualità d’immagine decisa. La pittura e il movimento si confrontano in una misura di tempo produttiva e scandita con sapienza. A questo lavoro di “autore Sasso è arrivato con un operare fitto, che è andato configurando insieme una strategia pertinente e uno stile chiaro e riconoscibile. Mario Sasso, confrontandosi con il video e la pittura, dimostra come possono utilmente intrecciarsi in un nodo le due storie e le due pratiche; e tuttavia, senza che mai ne risulti confuso il filo continuo. Mario Sasso: “[…] L'interattività, a mio avviso, è ancora lungi dall'essere reale. Io, per interattività, intendo l’interazione di una persona su un racconto, per esempio, e nella sua possibilità di trasformarlo. Ma è veramente ancora lontano questo processo. Il suo principale interesse è quello di dimostrare come il video non abbia “ucciso l’arte, ma, al contrario, l’arte avvalendosi del video abbia l’opportunità di ripensare a forme e finalità. Mario Sasso“[…] Quindi, la questione tecnica non può essere un ostacolo alla cultura artistica. Sono convinto, invece, che aiuterà sempre di più gli artisti a trovare nuove forme di comunicazione. A Sasso non interessa se il video sta dentro o fuori dai musei perché può stare anche nelle stazioni ferroviarie e metropolitane, “quello che mi interessa, dice, “è di entrare in contatto con la gente, che invece dimostra ancora diffidenza verso la videoarte.

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