26.9.09

Catherine Ikam

Nonostante grandi mostre in Francia e all'estero, Catherine Ikam - un pioniere nel campo dei video dopo gli anni 70 - non ha mai ricevuto il riconoscimento ufficiale che merita. Come tale, l'esposizione alla Maison Européenne de la Photographie, creata in collaborazione con Louis Fléri, è una prima. Anche se non esaustiva evidenzia i punti forti di un processo coerente e originale.
Catherine Ikam è stato ricercatore presso l’istituto Politecnico di tecnologia in Massachusetts, autore-produttore di programmi per la Televisione francese dedicati alle nuove tecnologie. E’ stata ispirata da Philip Dick K. (autore statunitense di racconti e romanzi di fantascienza uno dei quali è stato reso celebre dal regista Ridley Scott il film cult Blade Runner) ed era vicino a Nam June Paik che è ampiamente considerato come il maestro della video arte. Nel 1980 ha creato un'installazione presso il Centro Georges Pompidou (Parigi) sui temi dell'identità e l’aspetto del vivente e artificiale dell'uomo e il virtuale, sfruttando le varie possibilità della tecnologia video un itinerario che pone di fronte al visitatore impreviste immagini di se stesso: assenza, ripetizione e frammentazione. Catherine Ikam ha costantemente esplorato il mezzo, a volte spingendosi ai suoi limiti.
Con “Fragments of an Archetype” (una parziale trasposizione su sedici monitor dell'uomo vitruviano disegnata da Leonardo da Vinci) e “Identité III”, introduce la frammentazione in video installazioni (Nam June Paik videocryptography 1980). Questa estetica della frammentazione si trova anche in lavori successivi: "La Race Blanche", "Valis", "News". Nel 1987/1988, è l'autore con Tod Machover di una video installazione "Valis", coordinato da Louis Fléri e coprodotto da IRCAM (Istituto di ricerca e di coordinamento acustico e musicale) e il Museo Nazionale di Arte Moderna per il decimo anniversario del Centro Georges Pompidou.
Due temi governano e guidano le sue ricerche. Il primo concerne nell’integrare nuove tecnologie come esse appaiono. Lo schermo video passa dal digitale, a interattività con il computer, arrivando oggi ad una miscela tra scultura, fotografia, film e internet. La seconda caratteristica è utilizzando questi strumenti per esplorare il registro del volto umano e, come tale, Catherine Ikam ha raggiunto una delle forme più elaborate d’arte - la rappresentazione di una realtà virtuale. Infatti, dalla frammentazione dell'immagine del corpo, anticipa la ricostruzione di un "clone", in altre parole un'immagine che non è più una riflessione, ma è ontologicamente diversa. “Elle” è la migliore dimostrazione di questo. Gli spettatori si trovano di fronte un volto virtuale che è governato esclusivamente dalle proprie disposizioni e che, a seconda dei loro movimenti, accetta o rifiuta di esaminare. È senza dubbio la creazione di questo sguardo fisso che è il culmine dell'installazione che combina arte e tecnologia.
Nel suo lavoro più recente “Digital Diaries”, i telespettatori sono invitati in un viaggio attraverso i ricordi di Catherine Ikam - attraverso album di foto di famiglia, progetti, interviste, incontri e un archivio immenso. Come una guida di viaggio, un semplice joystick controlla la circolazione delle immagini e il sistema quasi identicamente riproduce il processo di una memoria che sfuma e riemerge. Come scrive Paul Virilio,il lavoro di Catherine Ikam consiste non "nella ri-presentazione, ma nella presentazione. Lei non fa figurazione ma trasfigurazione, o addirittura Transustanziazione". E attraverso questo, lei inventa – insieme a Louis Fléri - nuovi spazi sensoriali e apre una nuova era.

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