8.4.09

Betty Bee

Betty Bee (Napoli, 1963), eterna bad girl, è un personaggio anomalo, che difficilmente si lascia etichettare. La contraddistingue una predilezione innata per la provocazione, il gioco, l’esibizione del corpo e delle sue ossessioni, infatuazioni, fantasie. Un corpo esposto, raccontato e trasformato: dissacrarlo vuol dire restituirlo ad una verità fisica ed emozionale. Oggetto e insieme fucina del desiderio. Allo stesso modo in cui si dissacra un simbolo religioso, o un segno acquisito dall’immaginario comune. L'opera di Betty Bee è fatta di reliquie pop, giocattoli kitch impreziositi da un aureo riverbero. Tutta la sua arte ripesca da tematiche e suggestioni piuttosto datate, forse fin troppo cavalcate. Ma ha il merito di farlo con equilibrio, leggerezza, eleganza e buone intuizioni. Evitando retorici eccessi e ridondanti effetti shock - tipici di un "gusto dissacratorio" fine a sé stesso - , la ricerca diventa occasione per una riflessione giocosa sul linguaggio e l’influsso esercitato dai segni sulla percezione e la lettura delle cose."Betty Bee archivia la propria vita come parte della propria arte con lettere e poesie da parte di amanti, fotografie e ricordi meticolosamente conservati nel suo personale "museo". Il suo lavoro racconta un'infanzia infelice, la crudeltà e il rifiuto di suo padre combinato con gli abusi sessuali da parte del fratello. Combina fantasie e desideri con immagini di innocenza, sessualità e voyerismo. La risorsa artistica di Betty è se stessa e la capacità narrativa tragica e comica resa dal contemporaneo uso di media tradizionali e non - pittura figurativa e contemporanea, fotografie, video, performances e installazioni. Ama il colore e spesso utilizza pitture fosforescenti che brillano nel buio. Crea dipinti da pagine del propriodiario, poesie e lettere di amici, che copia con la propria espressivissima calligrafia. C'è un forte contrasto tra la serenità dei suoi coloratissimi dipinti di natura e altri lavori provocatori come fotografie, video e performances."(James Putnam) "Betty Bee è la Molly Flanders di Napoli. Questa si emancipa proprio costruendosi un protagonismo, una presenza ed utilizzando un’intraprendenza. È chiaro che nel caso di Betty Bee, dunque di un’artista, l’intraprendenza corrisponde alla creatività. Attraverso questa protesi che è il linguaggio dell’arte Betty Bee ha fatto di necessità virtù ed ha sviluppato una sorta di autoterapia attraverso l’arte. Non a caso, lei ha colto molto bene come l’arte è una forma di travestimento e i travestiti sono stati i suoi primi interlocutori come compagni di strada, come delle figure socratiche che le hanno insegnato proprio direi il passaggio in una condizione di frontiera intermedia tra il maschile ed il femminile, l’androgino." (Achille Bonito Oliva)

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