28.9.11

Iginio De Luca

Le manifestazioni artistiche del ventunesimo secolo - tra le quali soprattutto la Street Art - contagiano tutti, esperti e non, riscontrando sempre più consensi in ogni ambiente della società. Convergono, però, in un unico intento: comunicare un messaggio a chiunque vi entri in contatto. Uno dei maestri della comunicazione artistica è Iginio De Luca, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma e Professore all’Accademia di Belle Arti di Torino. Vanta un curriculum di oltre venti mostre, tra personali e collettive, ed è uno dei principali promotori delle nuove forme d’arte: dalla Street Art alla pittura, dal video all’installazione, dal suono all’elaborazione fotografica.Nel suo bagaglio artistico presenziano innumerevoli lavori che, in un certo senso, rompono con la “vecchia arte”. Dunque la parola chiave è comunicare. Oggi viviamo in una società in cui si ha sempre maggior bisogno di esprimere qualcosa agli altri (facebook ne è l’esempio più palese), e la Street Art sembra proprio rappresentare quest’irrefrenabile necessità. Egli afferma che quello che conta è tanto il mezzo quanto il contenuto, l’idea e il felice connubio di questi elementi. La street o la public art sono linguaggi che esprimono un’energia che esce dai canoni, dagli stereotipi e rischia perché si tuffa nel terreno globale, raccogliendo consensi e critiche. De Luca, citando solo gli interventi più recenti, ha proiettato in vari punti di Roma l’immagine del pontefice con la veste bianca macchiata, e prima ancora ha fatto volare uno striscione pubblicitario con la scritta “Silvio c’hai rotto li gommoni” , trascinata da un piccolo aereo lungo la costa laziale, popolata dalle folle estive al mare.La performance, l’installazione urbana effimera che ricordano in senso generale le grammatiche della Public Art e della della Street Art sono infatti solo alcuni degli ingredienti di queste incursioni di De Luca che tendono ad illuminare pezzi di cronaca incisivi sulla realtà profonda del nostro essere società ma che rischiano di sciogliersi rapidamente nel racconto dell’informazione mainstream. L’installazione, al contrario, pur nella sua qualità di incursione veloce, rimette al centro del discorso il problema che sta sfuggendo all’attenzione pubblica, vuole ricreare un nuovo spazio pubblico stimolando una sensibilità condivisa intorno ad un problema comune. Una serie di operazioni, quindi, che spostano la natura del graffitismo dalla dimensione più “privata” e neotribale legata ad un territorio di appartenenza - la strada, il quartiere, il ghetto - ad un’altra dimensione che è insieme più “pubblica” e metaterritoriale perché vuole attivare una comunicazione d’impatto estetico, dislocata su più piattaforme espressive: il luogo fisico, i giornali, le reti che sono ulteriori “materiali” a disposizione per la costruzione concreta dell’artefatto dell’arte contemporanea. Infatti gli interventi di De Luca non appartengono allo sfogo individuale, originariamente clandestino del graffitismo ma alla chiara presa di posizione personale e/o di gruppo che richiama l’esigenza propria delle origini delle avanguardie moderne e cioè quella di essere “realisti” ovvero usare i “materiali” reali e virtuali della contemporaneità per produrre una nuova dimensione dell’essere società. Iginio De Luca è un artista, uno spirito libero che gioca con strumenti e/o linguaggi radicati da decenni in italia, inserendoli in un contesto insilito, con l’obbiettivo di stimolare il pensiero. De Luca è riuscito in imprese quasi cinematografiche: proiettare un gregge di pecore sulla facciata di Palazzo Chigi il 14 Dicembre 2010, giorno della tanto discussa fiducia al governo Berlusconi e, precedentemente, riprodurre la scritta “LAVAMI” sul luogo inaccessibile e inviolabile per antonomasia, la Cupola di San Pietro.Ha scelto la cupola, la star delle cupole – ci spiega De Luca – perché incarna in un colpo solo il massimo grado di metafore religiose, politiche ed artistiche. Ha scelto una parola, una sola parola, che in sintesi comunichi più cose contemporaneamente. Gli piaceva l’idea di partire da un luogo comune, una frase popolare come “lavami” ed atterrare su un contesto che è unico, anti-democratico e snob per eccellenza. L’accostamento di questi elementi genera poi le metafore del caso e le conseguenti letture. La “Lavami” è un graffito di luce dai caratteri simili a quelli disegnati con le dita sui vetri sporchi delle auto in sosta.Un intervento, questo di Iginio De Luca, che usa i codici della Street Art: la velocità, l’irruzione, la notte e li riconduce alle origini delle avanguardie storiche, performance e spirito del cabaret, ad esempio, mescolando, come accadeva in quelle origini soprattutto dada, sensibilità sociale e 17- Brand, 2011, video, sonoro, colore, 16:9, durata: 5’17’’ Brand è un video che documenta un’azione notturna svoltasi a Roma in via Condotti il 23 gennaio 2011. Utilizzando un videoproiettore e un furgone che lo trasportava, ho proiettato il marchio dell’Ente Comunale di Consumo sulle pareti laterali della via. Come uno scanner il fascio luminoso ha indistintamente marchiato, “sporcando”, ogni cosa che incontrava sul suo cammino, “sfondando” le vetrine che esponevano beni di “secondaria o superflua necessità” (e non di prima necessità come invece era per l’Ente Comunale di Consumo).Il logo dell’Ente, una volta presente sulle carte oleate ad incartare il burro, ora si plasma anche sui vestiti -un altro tipo di incartamento- azzerando le distanze sociali, temporali e spaziali, varcando la soglia dell’irraggiungibilità e dell’intoccabilità di un’élite sociale rappresentata dalle griffe dell’alta moda.L’audio del video è stato registrato alla garbatella, un quartiere popolare di Roma, in piazza Bartolomeo Romano e precisamente nel luogo dove, decenni fa, c’era una delle sedi dell’Ente.Il titolo Brand è ironico, in controtendenza, a ribaltare un concetto snob di uomo e di vita.

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