15.9.11

Giacomo Verde

Giacomo Verde nasce in provincia di Napoli nel 1956. Diplomato all'Istituto d'Arte di Firenze attualmente abita a Lucca. Svolge attività teatrale e artistica dal 1973. Ha collaborato con diverse formazioni come attore, autore, musicista o regista. Si occupa di teatro e arti visive dagli anni 70. Dagli anni 80 realizza oper'azioni collegate all'utilizzo creativo di tecnologia "povera": videoarte, tecno-performances, spettacoli teatrali, installazioni, laboratori didattici. Nel '83 inizia a realizzare videotapes, prima in rapporto alla pratica teatrale poi come opere a se stanti, con particolare attenzione alle potenzialità espressive dei mezzi poveri per mostrare, nelle installazioni e a teatro, come la creatività non dipenda da un forte dispiegamento di mezzi. L’idea alla base della produzione di Verde è una visione orizzontale della società, senza gerarchie né modelli culturali ed estetici imposti dall’alto. Vince concorsi e fonda progetti importanti come il "tele-racconto" ,di cui è l'inventore, una performance teatrale che coniuga narrazione, micro-teatro e macro ripresa in diretta - tecnica utilizzata anche per video-fondali-live in concerti, recital di poesia e spettacoli teatrali. Dall '86, fino agli ultimi anni, realizza videoistallazioni partecipando a diversi festival ed esposizioni nazionali ed internazionali. Nell '89 vince il concorso per storyboard al pow di Narni con "stati d'animo" (dal trittico di Boccioni, realizzato poi in computer grafica). Nel '90 compie un viaggio di studio in Senegal (col Teatro delle Albe di Ravenna) e fonda il Progetto, appunto, di "Tele-Racconto" realizzando, fino ad oggi, sette diverse opere e laboratori didattici. Avvia così molte altre attività di video didattica per hobbysti e insegnanti, fino agli ultimi anni. Giacomo Verde rappresenta uno dei ponti ideali tra la prima stagione pionieristica di sperimentazione video e multimediale in italia e la fase di sperimentazione attuale. E' tra i primi italiani a realizzare opere di arte interattiva e net-art. Riflettere sperimentando ludicamente sulle mutazioni tecno-antropo-logiche in atto e creare connessioni tra i diversi generi artistici e' la sua costante. Pur avendo lavorato con i più disparati mezzi di espressione - teatro, video, computer, web - ciò che contraddistingue la sua produzione artistica è il costante e coerente uso politico e dal basso delle tecnologie eletroniche e digitali alla continua ricerca di "azioni oltre le rappresentazioni". All'interno della scena interattiva italiana, Verde è sicuramente una delle figure più sfaccettate per il numero di attività e di campi di interesse. L'interattività è il suo obbiettivo fondamentale, perseguito con tenacia e quasi con ostinazione, per lui essa deve restituire l'arte ai consumatori, in modo che non siano più spettatori ma diventino produttori. Verde riflette da tempo sulla possibilità di fondere l'esperienza estetica con la pratica comunicativa dell'arte,esplorando anche attraverso i diversi media e il web, nuovi modi di "fare mondo" e "creare comunità" con l'obiettivo di agitare le acque dell'arte con la forza dell'attivismo e di creare eventi e contesti sempre più "partecipati": dai laboratori per i bambini ai Giochi di autodifesa televisiva. La pratica del teatro sperimentale, il legame strettissimo con le tradizioni popolari (Verde è stato suonatore di zampogna e artista di strada) lo hanno condotto "naturalmente" verso l'utilizzo del video in scena. Una figura ricorrente in molte opere e performance di Giacomo Verde è la figura del Cerchio che è in relazione alla complessa simbologia del Mandala, immagine archetipica che in sanscrito significa “cerchio magico”, presente sia nella cultura orientale sia in quella occidentale come rappresentazione simbolica del cosmo, dei processi creativi e della crescita del sé. E’ di forma mandalica la videoscultura realizzata nel corso dell’ azione performativa "Rivel’Azione" ,ad esempio. Performance composta da un grande disco circolare di legno dipinto in cui sono incastonati quattro monitor pulsanti e nel cui centro è collocata la carcassa silente di un televisore fatto a pezzi durante la performance. Scopo dell’operazione è la realizzazione live di un grande “mandala meditativo occidentale” per riflettere sul rapporto tra scultura, pittura e televisione nell’era mediale; un’operazione dove, in maniera ironica e dissacrante, l’arte elettronica si fa veicolo di un incontro tra cultura orientale ed occidentale. L' attività artistica di Giacomo Verde, più che consistere nella produzione di oggetti da esporre in mostre e gallerie, si traduce in “oper’ azioni” che convocano lo spettatore in un cerchio relazionale dove è “vietato non partecipare”, e questo vale in particolar modo a partire dagli anni ‘90, quando Verde ha cominciato, tra i primi in Italia, ad occuparsi di arte interattiva: “qualsiasi opera interattiva si può comprendere e giudicare soltanto se la si “abita completamente”, se ci si sta dentro senza riserve, ovvero mettendo in gioco i propri desideri e le proprie aspettative in prima persona ... il vero soggetto è il comportamento dei fruitori" .
L’interesse per l’interattività rappresenta lo sbocco “naturale” di un percorso artistico che ha da sempre privilegiato modalità performative, a partire dalle prime esperienze formative degli anni ’70 come animatore teatrale, cantastorie e musicista, attività che attestano un legame forte con le tradizioni popolari e l’esigenza di lavorare a stretto contatto con il pubblico. Allo stesso modo, le sperimentazioni con le tecnologie elettroniche e digitali che sempre più, a partire dagli anni ‘80 caratterizzano il suo lavoro, sono strettamente intrecciate al bisogno di intervenire su quelle “zone calde” della comunicazione contemporanea rappresentate dai mezzi di comunicazione di massa, per proporne usi alternativi, al di fuori delle logiche di mercato. L’approccio alla tecnologia è “low tech” per consentirne un uso accessibile a tutti e smitizzarne le valenze feticistiche. Approccio che privilegia pratiche collaborative e connettive, in modo da mettere in relazione persone e competenze diverse, contaminando linguaggi e generi. Non si contano le collaborazioni di Giacomo Verde con musicisti, teatranti, artisti, poeti, filmaker indipendenti, studenti, insegnanti ed operatori didattici: “mi piace molto mettere in relazione diversi linguaggi, così si possono fare opere più complete e plurisignificanti. E mi piace molto lavorare in gruppo, affidare parte del lavoro ad altre persone”.
L’impegno in ambito sociale e politico è un altro aspetto fondamentale che contraddistingue l’estetica relazionale di Giacomo Verde e che si traduce in svariate pratiche di attivismo artistico - azioni di netstrike, di sostegno e partecipazione attiva a campagne di controinformazione e ad iniziative no-profit - in una costante ricerca di un punto di equilibrio, non sempre facile da attuare, tra “bellezza” e “giustizia”, di quel mix giusto fra atteggiamenti etici (morali e politici), aspirazioni e ispirazioni espressive, tenuta e innovazione linguistica.
Distante dagli aspetti più vistosi e spettacolari del sistema dell’arte contemporanea, l’operare artistico di Giacomo Verde attecchisce e prolifica in territori decentrati ma vitali, per dar voce a bisogni e ad immaginari che non trovano spazio nei media ufficiali. Molti dei suoi progetti si configurano come kit creativi dotati di “istruzioni per l’uso”, opere aperte, o meglio “open source”, il cui codice sorgente è a disposizione di tutti, per incentivare sia la creatività individuale che collettiva. Lo spettatore che Giacomo Verde intende convocare attraverso le sue opere è uno spettatore vigile, consapevole dello scarto tra realtà e rappresentazione, che non si lascia trasportare passivamente nel gioco illusionistico dell’arte. Mettere in scena il linguaggio oltre che i contenuti, mostrare i processi di trasfigurazione del reale che ogni atto rappresentativo comporta, sono strategie estetiche e cognitive, “strategie di smascheramento” e di rottura della cornice illusionistica costantemente adottate da Giacomo Verde, come nel Tele-Racconto, dispositivo ideato dall’artista negli anni ’90, in cui si intrecciano narrazione, micro-teatro e macro-ripresa in diretta, divenuto poi una sorta di prototipo per altre oper’azioni performative, quali la realizazione di video-fondali-live in concerti, recital di poesia e spettacoli. Infine una scanzonata ironia, un’attitudine ludica e liberatoria permeano con una “leggerezza pensosa”, la sua poliedrica attività; del resto comicità e ironia, nell’arco di tutto il novecento, si sono rivelate delle preziose compagne dei linguaggi artistici, costituendo delle modalità espressive privilegiate attraverso cui si è cercato di dominare, metabolizzare e mettere in forma temi cruciali e perturbanti della contemporaneità.

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